C’è una famiglia in cui la stregoneria si tramanda di madre in figlia. La nonna, quando le prende la briga, è un vero genio; ma preferisce non esercitare troppo la sua arte, per restare agli occhi di tutti una donna qualunque. Maud e Lise, le nipoti, sono delle vere maghe, come la nonna. Solo Lucie, la madre, non è molto dotata e si sente gradualmente sopraffatta perché non può cambiare il corso delle cose. Non riesce a vedere quasi più nulla del futuro, la sua vicina Isabelle la bullizza e Pierrot, suo marito, la lascia. Sua madre si prende un amante vecchio e noioso, mentre suo padre diventa una specie di truffatore. Niente va bene per la strega Lucie, persa nel suo complesso residenziale per dirigenti di medio livello, ai margini di una cittadina di provincia dove non c’è altro che noia. Con il suo gusto per l’insolito e la sua inclinazione per la fantasia, la scrittrice franco senegalese Marie NDiaye ci porta ai confini della realtà. Con osservazioni semplici, domande senza risposta e sorprese di vario tipo, ci immerge in un mondo inquietante e incerto che non è tanto quello della stregoneria quanto quello della solitudine. Non importa se è una strega o no, questa Lucie che vede le sue figlie sfuggirle di mano, suo marito che se ne va o i suoi genitori che invecchiano in modo strano. È la sua angoscia a toccarci, è la sua timidezza a commuoverci. Ma NDiaye mescola le carte, sostituisce le risate alle lacrime. E come solo le grandi scrittrici sanno fare ci cattura.
Télérama

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati