Chi si preoccupa per il successo dell’estrema destra ha due strade per capire come ci si è arrivati: concentrarsi sulla destra in sé, i suoi esponenti e leader, o cercare di capire il contesto storico che l’ha fatta crescere. Bologna, storico, militante operaista, esperto di logistica e trasformazioni sociali, sceglie questa seconda via e, puntando il suo sguardo sull’Italia, parte dal secondo dopoguerra. Con chiarezza e tanti dati, prendendo le distanze da visioni a lungo prevalenti, critica l’idea secondo cui in Italia è stato sempre presente un rischio di sviluppo del neofascismo dovuto a un ceto medio eternamente sottosviluppato. Il ceto medio riuscì a svilupparsi nel novecento, e il rischio fascista fu tenuto lontano dai partiti di massa e dai sindacati. Solo a partire dagli anni novanta quando queste strutture furono smantellate e le privatizzazioni chiusero l’esperienza del capitalismo di stato iniziata durante il fascismo, il generale depauperamento dei lavoratori cominciò a favorire la formazione di nuovi partiti populisti (Lega, Forza Italia, Cinque Stelle) che, per ragioni tattiche, portarono i neofascisti al potere. L’estrema destra oggi al governo è nata in questo clima e si è rinforzata approfittando della crisi di quei partiti per intercettare un elettorato sempre più precarizzato o privo di legami sociali. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1597 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati