Nel 1997 tra le montagne dell’Hindu Kush, in Afghanistan, un mujahidin di origine saudita rilascia la sua prima intervista. Un anno prima aveva dichiarato un’apparentemente innocua guerra agli Stati Uniti, dopo che l’ex presidente George H.W. Bush aveva deciso d’ignorare l’accordo che prevedeva il ritiro delle truppe statunitensi dal Medio Oriente in seguito alla fine della prima guerra in Iraq. Nell’intervista sembra impassibile, con un tono monocorde, mentre il resto del mondo non prende nemmeno in considerazione le sue minacce. Del resto, come potrebbe un uomo solo dalle montagne dell’Afghanistan colpire il cuore della più grande potenza mondiale? In realtà Osama bin Laden negli anni precedenti aveva messo in piedi un esercito pronto a intervenire nella prima guerra in Iraq e in grado di costruire intere città in Sudan. Gli Stati Uniti, forti del nuovo rapporto di collaborazione con l’Araba Saudita, hanno colpito Bin Laden con sanzioni monetarie ed espulsioni dai paesi, alimentando un’escalation di provocazioni sfociate nell’attentato alle torri gemelle di New York. Il podcast True spies dedica una miniserie a Bin Laden: la ricostruzione degli eventi rende chiaro come la sua ascesa sia stata possibile grazie alle doti inaspettate di leader e alla presunzione dei servizi segreti statunitensi.

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Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati