Quando Dany Adams guardò per la prima volta il filmato, non c’era niente da vedere: il girino aveva sviluppato abbastanza coda da nuotare fino a sparire dall’inquadratura, lasciando solo uno schermo vuoto. “Ecco, ne è scappato un altro”, ricorda di essersi detta. Ma poi pensò che la videocamera era stata accesa tutta la notte, quindi riguardò il video dall’inizio nella remota possibilità che avesse catturato qualcosa di interessante. Quello che vide era molto più che interessante. “Rimasi a bocca aperta”, racconta.

Il video mostrava un embrione di rana impegnato a dividersi per diventare un girino. Poi quel piccolo grumo liscio aveva cominciato a illuminarsi. Lampi elettrici disegnavano una serie di immagini inconfondibili: due orecchie, due occhi, mascelle, un naso. Queste proiezioni spettrali non durarono a lungo. Ma due, tre ore dopo apparvero i veri tratti, esattamente nello stesso punto: due orecchie, due occhi, le mascelle, un naso. Ecco finalmente la prova che Adams cercava da anni lavorando alla ricerca diretta da Michael Levin alla Tufts university in Massachusetts, Stati Uniti. La scoperta dimostrava che l’elettricità crea il modello su cui si basa un corpo che si sta formando, stabilendo dove si collocheranno i suoi tratti specifici.

Per quanto possa sembrare sorprendente, è solo uno dei tanti ruoli che l’elettricità svolge in biologia. È ormai dimostrato che, oltre a dare istruzioni per lo sviluppo, l’elettricità influisce su tutto, dalla guarigione delle ferite al cancro. “La comunicazione e i gradienti bioelettrici sono fondamentali per la vita”, dice Levin. Riuscire a mappare questo “elettroma” e imparare a decodificarlo avrebbe implicazioni sorprendenti per la nostra salute, e sarebbe solo l’inizio.

Variazione di tensione

Se avete mai riflettuto sulla bioelettricità, è probabile che la vostra mente sia andata al sistema nervoso. Sappiamo da tempo che la capacità di un neurone di trasmettere messaggi dipende dall’elettricità, in particolare da una configurazione che garantisce che ioni diversi rimangano su lati diversi della membrana di una cellula nervosa. Ai neuroni piace mantenere gli ioni di potassio all’interno e quelli di sodio all’esterno. Entrambi i tipi di ioni sono caricati positivamente ma, a causa dei capricci dei gradienti di concentrazione ionica e di complicatissime equazioni, il risultato è che l’interno di un neurone ha una carica negativa di 70 millivolt più alta rispetto all’esterno. Questo viene chiamato il suo potenziale di riposo.

Anche se il potenziale di riposo è minuscolo – circa un decimo della tensione elettrica che attiva un transistor del microchip che gestisce i nostri telefoni –, è fondamentale per il funzionamento delle cellule nervose. Per mantenere questa tensione, la membrana cellulare è costellata di decine di migliaia di minuscoli canali attraverso i quali si muovono ioni di sodio e potassio, e di pompe in miniatura che cacciano gli intrusi di sodio. Se stimoliamo un neurone, i suoi canali ionici si aprono, gli ioni di potassio e sodio si scambiano di posto e la tensione precipita a zero. Questo processo è noto come depolarizzazione. Le pompe e i canali ripristinano rapidamente il potenziale di riposo a meno 70 millivolt e il picco di tensione che ne risulta, chiamato potenziale d’azione, si muove lungo il nervo come un’onda mentre altre parti della membrana cellulare si depolarizzano. È il modo in cui il sistema nervoso trasmette tutti i segnali di sensazione e di movimento nel corpo, rendendo i potenziali d’azione fondamentali per la nostra capacità di pensare, parlare, muoverci e percepire il mondo.

Henrik Sorensen, Getty Images

Accendere la guarigione

In passato si pensava che le cellule nervose e muscolari fossero le uniche parti del corpo a usare in modo significativo l’elettricità. Ma si è scoperto che la membrana intorno a ognuna delle nostre 40mila miliardi di cellule agisce anche come una piccola batteria, usando canali ionici per mantenere il minuscolo voltaggio della cellula. Negli ultimi anni, nuovi strumenti e intuizioni hanno rivelato che questa bioelettricità, soprannominata elettroma, ha una vasta gamma di ruoli nel corpo.

Basta guardare al modo in cui l’elettricità modella un organismo. Che si tratti di esseri umani, polli o pesci, dev’esserci qualcosa che lo regola. Come fanno le cellule di un embrione a sapere dove andare per formare un corpo, collocando dita, becchi o pinne nel posto giusto e facendo in modo che siano delle dimensioni appropriate? Fin dagli anni sessanta i ricercatori sospettavano che certi strani impulsi elettrici all’interno delle uova fecondate fossero importanti per il loro sviluppo. I progressi della genetica hanno rafforzato questa convinzione. Decenni di studi sui genomi hanno rivelato ben poco che potesse spiegare gli aspetti chiave della forma di un organismo. Sono stati trovati molti geni che codificano per caratteristiche specifiche come l’altezza o il colore dei capelli, della pelle e degli occhi. Ma niente che ci dica quanti devono essere gli occhi: non esiste un gene per “due bulbi oculari da collocare nella parte anteriore della testa”. Lo stesso vale per le gambe, le braccia e le orecchie. Il genoma da solo non può configurare il posizionamento di nessuno di queste caratteristiche. Nel 2009 era ormai chiaro che i cambiamenti di tensione elettrica determinavano quali identità avrebbero assunto le cellule e perfino gli organi nel corso dello sviluppo. Levin sospettava che modellassero anche la forma del viso. Ma come dimostrarlo? Gli strumenti a disposizione delle neuroscienze – elettrodi impiantati o di superficie – tracciano solo eventi veloci come i potenziali d’azione, e di solito non in modo tale da poterli vedere a occhio nudo. Lo sviluppo avviene in un arco di tempo molto più lungo e in un intero organismo, non in un’unica cellula.

Un’alternativa era usare un liquido di contrasto che evidenziasse i cambi di tensione. Certe sostanze chimiche traducono le differenze elettriche in una variazione di luminosità: le alte tensioni appaiono bianche brillanti, quelle basse nere e tutto quello che c’è in mezzo assume una tonalità di grigio. Levin e Adams usarono una sostanza che potesse essere infusa in modo innocuo in un ovulo fecondato, consentendo di tracciare in tempo reale ogni passaggio elettrico in ogni cellula di un embrione in via di sviluppo. Le rane erano una scelta ovvia su cui testare il mezzo di contrasto: il loro sviluppo può essere osservato senza dover fare i conti con un utero, ma ciò che vale per le rane in questo caso vale per tutti gli animali, esseri umani compresi.

Il risultato fu straordinario. Quella mattina, mentre i ricercatori guardavano il filmato nel loro laboratorio alla Tufts, videro che la tensione elettrica di ogni cellula era lo stimolo per farle assumere una particolare identità. Inizialmente, tutte le cellule staminali indifferenziate dell’embrione si aggiravano intorno a zero millivolt ma, a mano a mano che l’animale si sviluppava, le sue cellule assumevano una varietà di tensioni a seconda del tessuto che avrebbero formato: –70 millivolt per le cellule nervose, –90 per i muscoli scheletrici, –50 per le cellule adipose e così via. Questi cambiamenti di tensione, rappresentati da bagliori che formavano i vari tratti, costituivano il modello su cui si basa il corpo del girino. Non erano solo mappe: erano istruzioni. Esperimenti successivi hanno rivelato che attivavano i geni responsabili di creare la forma fisica di un animale. Se si interveniva sui modelli elettrici si alterava il funzionamento dei canali ionici e delle pompe, che sono cruciali per mantenere la tensione caratteristica di ciascun tipo di cellula, e si producevano cambiamenti fisiologici radicali. Il problema si risolveva correggendo le tensioni errate durante lo sviluppo. Alterandone alcune deliberatamente si poteva controllare il modello: uno studio condotto sulle rane ha spostato il punto in cui crescevano gli occhi.

Visto il ruolo dell’elettricità nel plasmare un corpo in via di sviluppo, ci si potrebbe aspettare che sia fondamentale anche per mantenere quella forma dopo una ferita. È così. La cosiddetta corrente di lesione – un impulso elettrico che si produce quando il tessuto viene inciso o danneggiato – è stata segnalata per la prima volta nel novecento, ma poi è stata ignorata per più di 150 anni. Nel 2011 Richard Nuccitelli dell’Old dominion university in Virginia, Stati Uniti, costruì un dispositivo in grado di misurare questa corrente e scoprì che genera un campo elettrico di circa 120 millivolt per millimetro. Questo campo funge da faro per le varie cellule che intervengono per riparare i danni e ricostruire i tessuti. È più forte quando la ferita è fresca e diminuisce quando è in via di guarigione. Le persone con una corrente di lesione più forte guariscono più velocemente di quelle che hanno una corrente debole. Il segnale diminuisce anche con l’età: a 65 anni è la metà che a 25.

Nel frattempo altri ricercatori, tra cui Min Zhao, che oggi lavora all’università della California, stavano facendo esperimenti per capire se si poteva manipolare la corrente di lesione. Stabilirono che il suo ruolo era quello di un interruttore di controllo. Scoprirono che se si interferiva con i canali ionici delle cellule corneali dell’occhio si rallentava la guarigione, mentre la stimolazione elettrica poteva accelerarla. Oggi Zhao dirige un progetto del dipartimento della difesa degli Stati Uniti per tracciare e manipolare la bioelettricità della guarigione, così da dimezzare il tempo che serve alle lesioni gravi per rimarginarsi. Gli studi clinici cominceranno nel 2024. L’obiettivo finale di questa ricerca non è solo guarire una ferita come fanno gli esseri umani – in modo imperfetto, incompleto e lasciando una cicatrice – ma anche capire se si possono far ricrescere arti e organi come fanno altre specie. Levin è conosciuto proprio per questo tipo di studi: modificando il “codice bioelettrico” è riuscito a sviluppare dei vermi con due teste e a rigenerare le zampe delle rane in una fase della loro vita in cui quegli animali in genere non possono più riformare gli arti perduti. Il lavoro ora procede sui topi e Levin ha contribuito a fondare la startup Morphoceuticals, con l’obiettivo di adattarlo agli esseri umani.

I potenziali benefici della comprensione del nostro elettroma sono ancora più importanti quando si parla di tumori. Mentre lavorava alla Tufts con Adams e Levin, Brook Chernet scoprì che è possibile usare un mezzo di contrasto che evidenzia la tensione elettrica per rilevare quando le cellule diventano maligne. Le cellule tumorali mostrano alcuni interessanti modelli elettrici. In particolare, la transizione dalle cellule sane a quelle malate è caratterizzata da un rapido calo di tensione a circa zero, simile alla mancanza totale di tensione che mostrano le cellule staminali. Nello stesso periodo, Mustafa Djamgoz dell’Imperial college di Londra aveva notato che la tensione delle cellule tumorali oscilla, proprio come l’elettricità in una cellula nervosa. “Sono potenziali d’azione basilari”, dice. Sembra che le cellule tumorali ne abbiano bisogno per scambiarsi informazioni sull’ambiente che le circonda, in particolare sulle metastasi (il processo per cui queste cellule si diffondono nel resto del corpo).

Gli scienziati, tra cui Djamgoz e Levin, sperano di usare dei bloccanti dei canali ionici – oggi alla base di molti farmaci per il cuore – per eliminare le oscillazioni e fermare la diffusione del tumore. Una nuova ricerca suggerisce che chi assume questi farmaci per il cuore ha maggiori probabilità di sopravvivere a un eventuale tumore. Studiando le rane, Chernet ha osservato che portare la tensione delle cellule tumorali al livello di quella delle cellule sane fa retrocedere i tumori maligni.

Tutto da scoprire

Un’altra sorpresa è che la bioelettricità è coinvolta nelle malattie autoimmuni, tra cui il diabete di tipo 1 e l’artrite reumatoide, a causa del modo in cui i nervi si intrecciano nei nostri organi interni. I National institutes of health degli Stati Uniti stanno finanziando la ricerca per mappare questa rete di neuroni. L’obiettivo è capire se potrebbe essere utile modificare i segnali che trasportano, per risolvere vari problemi, dall’acufene alla dipendenza da oppioidi.

Adams sta anche esplorando le potenzialità del mezzo di contrasto che per primo le ha permesso di osservare i girini mentre prendevano forma. Se questa sostanza è in grado di individuare le cellule tumorali, come ha scoperto Chernet, i chirurghi che rimuovono un tumore potrebbero usarla per assicurarsi di aver asportato tutto il tessuto maligno. Oggi rimangono cellule neoplastiche dopo l’operazione nel 10 per cento dei casi, e in genere ci vuole più di una settimana per accorgersene. Individuarle prima che la ferita sia chiusa sarebbe una svolta importante. Adams vuole sperimentare questa possibilità a livello clinico. Se ci riuscisse, prevede di impiegare il mezzo di contrasto per monitorare i tumori della pelle, malattie in cui distinguere rapidamente le crescite benigne da quelle maligne potrebbe salvare molte vite.

La nostra comprensione dell’elettroma ha avuto una forte accelerazione da quando Adams vide per la prima volta quel video sbalorditivo. Ma le sue vere potenzialità sono ancora tutte da scoprire: “Si spera che la ricerca e le intuizioni che sta stimolando facciano per l’elettroma ciò che la biologia molecolare ha fatto per il genoma: riconoscere la sua funzione fondamentale in biologia”. ◆ bt

Carica naturale
Funghi e batteri

◆ L’attività bioelettrica è antica dal punto di vista evolutivo. Precede lo sviluppo del sistema nervoso, dei mammiferi e perfino del regno animale. Si riscontra nei funghi e nelle piante. I batteri mostrano segnali elettrici che somigliano alle oscillazioni rilevate nel cervello umano, e che sembrano consentire ai singoli organismi di collaborare e di distribuire i nutrienti; imparare a modificare questi segnali potrebbe contribuire a risolvere alcuni problemi associati ai batteri, tra cui la loro resistenza agli antibiotici. Comprendere la natura della bioelettricità darebbe anche una nuova visione della vita e aiuterebbe a sfruttare i suoi poteri per cambiare il mondo che ci circonda. Sta già succedendo, dallo sviluppo di biorobot fatti di materiali naturali come le cellule di rana alla creazione di architetture viventi, come pareti a base di funghi, che possono usare i segnali bioelettrici per rilevare l’inquinamento. New Scientist


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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati