Lo stato tedesco sta cercando di salvare l’economia, per quanto possibile, dalle conseguenze del- la pandemia, e come viene ripa- gato? Con gli scandali. Prima c’è stato il disastro nel più grande macello tedesco di carne suina, la Tönnies, dove più di 1.500 dipendenti sono risultati positivi al covid-19. Si tratta in gran parte di lavora- tori sottopagati provenienti dall’Europa orientale che vivono ammassati in alloggi inadeguati. Subito dopo è arrivato il crac da 1,9 miliardi di euro della Wirecard, azienda informatica specializzata nei pa- gamenti digitali, che ha presentato istan- za di fallimento (il 23 giugno è stato arre- stato Markus Braun, l’ex amministratore delegato, e le autorità hanno spiccato un mandato di cattura per l’ex direttore gene- rale Jan Marsalek). A quanto pare, la Wire card, fra le trenta maggiori aziende quota- te alla borsa tedesca, ha falsificato almeno un quarto del suo bilancio, ingannando per anni gli investitori e i revisori contabili a colpi di finanza creativa.

All’improvviso la Germania, un paese che può permettersi di sborsare grandi somme per arginare la crisi, sembra debo- le. Nel suo ruolo di controllore, lo stato ha fallito due volte e, cosa peggiore, ha aiuta- to chi lo ingannava. A lungo i sospetti non erano caduti sui dirigenti della Wirecard, ma sugli esperti e i giornalisti britannici e statunitensi che li accusavano di manipo- lare i bilanci. L’autorità di vigilanza finan- ziaria tedesca, la Bafin, sospettava un complotto straniero e aveva sporto de- nuncia, mentre i pubblici ministeri aveva- no aperto un’indagine. L’amor patrio era arrivato al punto da vietare le vendite allo scoperto sulle azioni della Wirecard. La conclusione della vicenda non è stata solo tremendamente imbarazzante, ma ha an- che spazzato via quel poco di fiducia che i piccoli investitori avevano nella borsa.

Wiedenbrück, Germania (INA FASSBENDER, AFP/GETTY)

Intanto, dalla Tönnies il contagio si è esteso a tal punto che il presidente del land Nord-Reno Vestfalia, Armin La- schet, ha dovuto mettere il distretto di Gütersloh di nuovo in lockdown. In prece- denza, però, Laschet aveva individuato la fonte del contagio in Romania e Bulgaria, i paesi da cui provengono molti dei lavora- tori dello stabilimento. Ancora una volta la colpa era degli stranieri cattivi e non dell’uso spregiudicato di manodopera a basso costo in Germania, dove lo stato non avrebbe mai messo i bastoni tra le ruote a Clemens Tönnies, il capo dell’a- zienda e presidente della squadra di calcio Schalke 04, considerato un fornitore es- senziale di carne a buon mercato. Fino a qualche giorno fa la sua azienda si autoce- lebrava come eccellenza del settore. La politica ha fatto troppo a lungo affidamen- to sulla volontà di autoregolarsi dell’eco- nomia, che però non funziona mai.

Credersi onnipotente

Quando lo stato entra in scena in veste di salvatore, dà l’impressione di credersi on- nipotente. Come si spiega altrimenti il suo ingresso nell’azienda di biotecnologia Cu- reVac, che pure è nelle mani di Dietmar Hopp, uno dei pochi miliardari digitali te- deschi, e non corre alcun rischio economi- co? Il governo spera così di assicurare alla Germania una posizione vantaggiosa nel- la corsa globale al vaccino per il covid-19, anche se decine di altre aziende e consorzi lavorano con lo stesso obiettivo.

Gli aiuti miliardari stanziati in prima- vera sono stati utili e continuano a esserlo, ma oggi facciamo dolorosamente i conti con una verità: lo stato non deve mai al- lungare troppo le mani sull’economia. Va- le per i singoli politici, come il deputato cristianodemocratico Philipp Amthor, che si è fatto ingaggiare come lobbista da un’ambiziosa azienda statunitense. Ma vale anche per l’intero sistema. Lo stato imprenditore si muove sempre in un ter- reno scivoloso, dove interessi variegati si sovrappongono, come si è visto di recente nel caso della Lufthansa. Non può appari- re debole nei confronti dell’azionista di maggioranza della compagnia, Heinz Hermann Thiele, che si è a lungo opposto al salvataggio dell’azienda.

Lo stato dovrebbe entrare in affari con i privati solo in caso d’emergenza e per brevi periodi. Dopo il soccorso è necessa- rio che torni rapidamente al ruolo di cu- stode dell’ordine. Se s’innamora del ruolo di “amico e aiutante”, la crisi provocata dalla pandemia può rivelarsi una trappola per l’intero sistema economico. u nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1365 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati