La Polonia, uno dei paesi più europeisti del continente, è paralizzata dalla paura di rimanere fuori dall’Unione europea. In termini legali, l’uscita di Varsavia dall’Ue non avrebbe bisogno di un referendum, a differenza di quanto è successo nel Regno Unito con la Brexit. Per avviare un divorzio formale basterebbe la decisione del governo. Tuttavia, dopo che nelle scorse settimane alcuni dirigenti di Diritto e giustizia (il partito ultraconservatore e cattolico al governo, Pis) avevano messo sullo stesso piano la lotta della Polonia contro il nazismo e l’attuale contrapposizione con le istituzioni comunitarie, i vertici del partito si sono subito preoccupati di smentire qualsiasi voce su una possibile Polexit. La questione è tornata di attualità il 7 ottobre, quando la corte costituzionale, composta da giudici in gran parte scelti dal Pis, ha stabilito che la legge nazionale ha la precedenza sul diritto europeo.

Il risultato è una guerra di parole sul futuro europeo della Polonia. L’ex premier liberale Donald Tusk, oggi figura di punta dell’opposizione, ha mobilitato decine di migliaia di persone, che il 10 ottobre hanno manifestato in più di cento città, in Polonia e all’estero. Nel frattempo il Pis cerca disperatamente di rimanere aggrappato al potere flirtando con le componenti di estrema destra della coalizione di maggioranza. La sua situazione è complicata da una serie di scandali e problemi politici: casi di nepotismo e di corruzione, la rottura con il principale alleato di governo dopo l’approvazione di una discussa legge sui mezzi d’informazione, e infine la crisi dei migranti al confine con la Bielorussia.

Con la sua ultima svolta a destra, il leader del Pis, Jarosław Kaczyński, punta a riprendere il controllo dell’intera area conservatrice. Allo stesso tempo, però, spera che il primo ministro Mateusz Morawiecki s’inventi qualche trucchetto finanziario per consentire al Pis di continuare a governare anche senza i 57 miliardi di euro del recovery fund destinati a Varsavia, che Bruxelles ha congelato.

Per Kaczyński questa è l’ultima spiaggia. Sa che per il suo partito una sconfitta elettorale sarebbe la rovina, quindi sta facendo tutto il possibile per allontanare il momento del voto. Tusk, tornato sulla scena politica dopo anni di assenza, sta costruendo la sua strategia proprio sui punti deboli del suo avversario.

Pressioni sui giudici

Quello che interessa ai polacchi è avere un governo efficiente, che gli garantisca sicurezza e prosperità. Ecco perché l’idea della Polexit non farà presa su nessun segmento della società, tranne forse una piccola frazione della destra libertaria. L’opinione pubblica si aspetta anche lo sblocco del recovery fund, ma l’Unione europea esige che prima Varsavia modifichi la sua discussa riforma del settore giudiziario e risolva la questione dei giudici nominati dal governo in circostanze poco chiare. Questo richiederà tempo. E Tusk lo sa.

Per l’ex premier la sentenza del 7 ottobre è l’ennesimo atto della guerra per procura che Kaczyński sta combattendo contro l’Europa. Questa volta il leader del Pis si è servito di Julia Przyłębska, la presidente della corte costituzionale, la prima istituzione a cadere sotto la scure del governo nel 2015. Già una volta la corte si era pronunciata sul rapporto tra legge nazionale e diritto comunitario: nel 2005 aveva dichiarato il primato della costituzione polacca, sottolineando però che il paese avrebbe dovuto onorare tutti gli obblighi previsti dal trattato di Lisbona.

Da sapere
La strategia del governo

◆ Al culmine di una disputa politica e legale che si trascina da anni tra l’Unione europea e il governo di Varsavia, il 7 ottobre la corte costituzionale polacca ha stabilito che la costituzione nazionale ha la precedenza sul diritto europeo. La decisione è arrivata in risposta a un ricorso presentato dal primo ministro polacco Mate­usz Morawiecki, del partito Diritto e giustizia, cattolico e ultraconservatore. “Il tentativo della Corte di giustizia dell’Unione europea d’interferire nel funzionamento del sistema giudiziario polacco viola il princìpio dello stato di diritto, quello del primato della costituzione nazionale, e quello secondo cui il paese deve mantenere la sovranità anche nel processo d’integrazione europea”, si legge nella sentenza. A questo punto la Polonia ha tre opzioni: cambiare la costituzione, cercare di modificare i trattati europei e lasciare l’Unione europea. In realtà, l’obiettivo del governo è un altro: rimanere nell’Unione senza dover rispettare tutte le sentenze della corte di giustizia. Gazeta Wyborcza.


Stavolta il voto non è stato unanime. Il giudice Piotr Pszczółkowski, nominato dal Pis, ha infatti contestato il diritto della corte a tornare sul tema, sottolineando che i giudici costituzionali si erano già pronunciati in merito e che il vero obiettivo del ricorso era dare un alibi al Pis per non modificare la discussa riforma della giustizia, come richiesto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea .

E in effetti la decisione della corte costituzionale non ha conseguenze dirette sull’applicazione del diritto europeo in Polonia, ma serve solo a cercare di condizionare i giudici dei tribunali, spingendoli a non usare le leggi dell’Unione europea come fonte normativa nei casi che devono esaminare. A questo punto saranno i magistrati di tutto il paese a decidere, in base alla loro coscienza civile e al loro coraggio, se ignorare la decisione della corte costituzionale e schierarsi dalla parte della giustizia. Per la Commissione europea, invece, la questione è piuttosto chiara: il voto della corte costituzionale polacca non ha fondamento e va ignorato.

Intanto in Polonia il dibattito pubblico è monopolizzato da due schieramenti: quello di Kaczyński e quello di Tusk. Per le altre forze d’opposizione non c’è molto spazio. In questo scenario il partito di Tusk, Piattaforma civica, potrebbe superare la soglia del 30 per cento nel gradimento degli elettori. Il Pis, invece, dovrebbe rimanere stabile, poco sotto il 40 per cento. Ma se i fondi europei non saranno sbloccati presto e se gli effetti dell’aumento dell’inflazione cominceranno a farsi sentire, questo sostegno potrebbe rapidamente diminuire.

Donald Tusk e i cittadini infuriati che sono scesi in piazza il 10 ottobre hanno finalmente un obiettivo chiaro. Facendo promesse che non poteva mantenere e diffondendo nel paese un senso di insicurezza, il Pis ha offerto una grande opportunità all’opposizione. I prossimi mesi diranno se la Polonia sta imboccando una strada diversa o se siamo semplicemente di fronte al tramonto di un governo. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1431 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati