12 maggio 2015 17:29
Il primo ministro britannico David Cameron a Downing street, Londra, l’8 maggio 2015. (Stefan Wermuth, Reuters/Contrasto)

Dopo la schiacciante vittoria alle elezioni politiche del 7 maggio, David Cameron vuole arginare le ambizioni dell’Unione europea verso un sistema di quote obbligatorie per l’accoglienza dei migranti. Il primo ministro britannico, che aveva promesso ai suoi elettori di “avere meno Europa nella vita quotidiana”, si opporrà quindi al meccanismo di ripartizione che sarà presentato domani a Bruxelles dalla Commissione europea, in vista dell’approvazione della futura agenda comune sull’immigrazione. Fonti vicine al governo hanno suggerito al Times che il premier potrebbe decidere di avvalersi del cosiddetto opt-out, o clausola di esenzione, rinunciando, a livello nazionale, ad associarsi agli altri paesi nella cooperazione comunitaria in materia di migranti.

Il Regno Unito ha già chiesto una deroga simile in passato per altre questioni, ma il fatto che tale possibilità sia stata evocata ancora prima che la Commissione abbia legiferato sui migranti e i richiedenti asilo, dimostra da parte di Cameron una grande prova di forza alla luce degli ottimi risultati elettorali. Da Bruxelles hanno fatto intanto sapere che “non ci saranno conseguenze per il Regno Unito”se rifiuterà di uniformarsi alle richieste europee in merito di quote obbligatorie. Nonostante ci sia preoccupazione sull’uso dell’opt-out che potrebbe mettere a repentaglio il sistema delle richieste di asilo in Europa, fonti comunitarie sono d’accordo sul fatto che il Regno Unito abbia diritto a usare la clausola. Natasha Bertauds, portavoce della Commissione per gli affari interni, ha dichiarato che “il Regno Unito sarà vincolato solo se lo vorrà”.

Il 13 maggio a Bruxelles la commissione europea dovrà presentare il suo piano quinquennale sulla gestione dei migranti. Uno dei punti principali in discussione sarà proprio quello della ripartizione dei migranti e dei richiedenti asilo in base a quote obbligatorie per ogni paese, da stabilirsi in relazione al pil, al tasso di disoccupazione, alla popolazione e al numero di asili già concessi. Anche il primo ministro ungherese, Viktor Orban si è sempre espresso contro il sistema delle quote obbligatorie, definendolo “una pazzia”.

Oltre al Regno Unito e all’Ungheria, anche altri stati membri come Paesi Bassi, Danimarca, Estonia e Slovacchia hanno già espresso la loro opposizione, sostenendo invece la necessità di proseguire con la convenzione di Dublino, secondo cui le domande di asilo da parte dei richiedenti devono essere presentate nel paese di arrivo. La Germania, che insieme alla Svezia e all’Italia, ha accolto finora il maggior numero di richieste di asilo politico, ha interesse a trovare un’accordo sulla ripartizione per quote, così come Italia, Grecia e Malta, che sono i paesi più interessati dagli sbarchi via mare.

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