23 giugno 2015 17:51

“Prima ancora che un bambino faccia il suo primo respiro, le sue probabilità di sopravvivenza sono segnate da circostanze indipendenti dalla sua volontà: il suo sesso, il luogo di nascita, lo status sociale ed economico della sua famiglia”. A fare una panoramica dei dati sulle condizioni di vita dei bambini negli ultimi 25 anni è l’Unicef, nel suo rapporto Progress for children.

I bambini che nascono nei paesi in via di sviluppo hanno un terzo delle probabilità di essere seguiti con personale ostetrico qualificato rispetto ai bambini nati in paesi industrializzati, e molte meno probabilità di raggiungere gli standard minimi di apprendimento. Le possibilità di sopravvivenza nel 2015 sono molto più alte di quelle del 2000, l’anno in cui furono scelti gli obiettivi del millennio, tra cui c’era la riduzione della mortalità infantile. Un bambino nato quest’anno ha infatti molte più possibilità di raggiungere il suo quinto compleanno, di andare a scuola, di essere istruito, di non sposarsi troppo presto.

Lasciare indietro i bambini dei paesi in via di sviluppo ha serie conseguenze sia per la loro vita che, a lungo termine, per i loro paesi, spiega il rapporto, secondo cui il mondo avrebbe la possibilità di ridurre le disparità nell’arco di una generazione, se solo si investisse in azioni, programmi e politiche innovative basate su salute, istruzione e protezione infantile.

Altissimo è il numero di bambini che vivono in aree di guerra: 230 milioni di bambini sono testimoni o vittime di violenze, spesso sono costretti a lavorare o a combattere fin da piccoli. E poco meno della metà della popolazione mondiale che vive al di sotto della soglia di povertà, ovvero più di un miliardo di persone, è formata da bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni.

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Mortalità infantile. Un’ampia parte del rapporto è dedicata ai dati sulla mortalità infantile: secondo le previsioni, ogni giorno nel 2015 moriranno 16mila bambini sotto i 5 anni, per una media di 11 bambini al minuto, a causa del mancato accesso alle vaccinazioni, alle medicine e a un’alimentazione adeguata. Il tasso di mortalità entro i primi 5 anni di vita è però diminuito di più della metà dal 1990 al 2015. Nonostante questo dato positivo, entro la fine del 2015 sei milioni di bambini moriranno prima del compimento del quinto anno di età, la maggior parte dei quali per cause che potevano essere previste ed eliminate.

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Nell’Africa subsahariana il rischio che un bambino muoia entro i 5 anni è 15 volte più alto che in un paese industrializzato. Solo due regioni del mondo, l’America Latina, l’Asia meridionale e il Pacifico, hanno raggiunto l’obiettivo del millennio di ridurre di almeno due terzi il tasso di mortalità infantile.

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