Due candidati filorussi hanno vinto le presidenziali del 13 novembre in Bulgaria e in Moldova. I bulgari hanno eletto con il 59,35 dei voti il candidato socialista Rumen Radev (Partito socialista bulgaro, ex comunista), costringendo alle dimissioni il primo ministro conservatore Bojko Borissov.
In campagna elettorale Rumen Radev si è distinto chiedendo la fine delle sanzioni dell’Unione europea (Ue) contro la Russia. Inoltre si è attirato le critiche dei candidati europeisti insistendo sulla necessità di “accettare la realtà” di una Crimea ormai sotto il controllo del Cremlino. Nella sua campagna, però, non ha espresso un rifiuto completo dell’Europa e ha auspicato che la Bulgaria continui a far parte dell’Ue e della Nato.
Anche nell’ex repubblica sovietica della Moldova ha vinto un filorusso, Igor Dodon, che si è imposto sull’avversaria europeista Maia Sandu. Dodon ha ottenuto il 52 per cento dei voti ed è diventato così il quinto presidente della Moldova, il primo in vent’anni a essere eletto a suffragio universale. Soprannominato il “Donald Trump moldavo”, ha promesso di cancellare l’Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) firmato con Bruxelles perché la sua intenzione è avvicinarsi a Mosca.
In entrambi i paesi quella del presidente è una carica puramente onoraria, perché il potere è concentrato nelle mani del primo ministro. Queste elezioni, però, sono un’altra dimostrazione del riemergere dei nazionalismi in tutto il mondo. E rappresentano un pieno di buone notizie per il presidente russo Vladimir Putin, che cerca di indebolire i rapporti tra i paesi europei.
“Il nazionalismo crescente, spinto dal rifiuto dei valori liberali occidentali ed esacerbato dalla più grande crisi migratoria dalla fine della seconda guerra mondiale, ha indebolito i legami tra molti paesi dell’Unione”, scrive il New York Times.
Mosca ha trovato così dei nuovi alleati nei suoi sforzi per riconquistare potere in Europa orientale, regione che considera ancora il suo cortile. Alla fine a uscire indebolita dalle urne bulgare e moldave è proprio l’Unione europea.
(Traduzione di Francesca Sibani)
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