25 agosto 2020 16:16

In questo periodo dell’anno il Mediterraneo orientale evoca pensieri di vacanze in spiaggia. È infatti diventato una destinazione per i super yacht che vogliono evitare la Spagna flagellata dal covid-19. Sfortunatamente, quest’estate sulla regione soffiano anche venti di guerra, mano a mano che crescono le tensioni tra Grecia e Turchia a proposito delle acque contese.

Una collisione tra una fregata turca e una greca ha rappresentato il peggiore scontro tra due alleati della Nato dai tempi di quello accaduto su un’isola disabitata che nel 1996 quasi sfociò in una guerra.

In segno di solidarietà con la Grecia, un altro paese dell’Unione europea, la Francia, ha inviato un paio di aerei da combattimento a Creta e due navi da guerra per un’esercitazione con la marina greca. Se non prevarrà il buon senso, c’è il rischio che le cose peggiorino ulteriormente e sfocino in un vero scontro.

Disastro perfetto
Ci sono tre ingredienti che contribuiscono a creare la ricetta perfetta per un disastro. Uno è l’interesse per il gas naturale nella regione, che da una decina d’anni attira le mire non solo di Grecia e Turchia, ma anche di Cipro, Israele, Egitto e altri paesi, che aspirano a diventare potenze energetiche regionali, in grado di rifornire il mercato europeo e di presentare un’alternativa strategica al gas russo. Alcuni speravano che la costruzione di gasdotti nel Mediterraneo orientale potesse favorire la cooperazione regionale, come in alcuni casi è accaduto.

Ma altrove questa speranza è stata offuscata dal secondo ingrediente: le rivalità regionali. Invece di annacquarle, le opportunità energetiche le hanno rafforzate. Cipro rimane divisa tra il sud e la Repubblica Turca di Cipro Nord, riconosciuta solo dalla Turchia. Nel 2019 le prospezioni effettuate dalla Turchia per cercare gas nella zona economica esclusiva cipriota hanno provocato la condanna dell’Unione europea e alcune sanzioni (perlopiù simboliche). Adesso le navi turche stanno nuovamente effettuando rilevamenti sismici nelle acque cipriote.

Le relazioni tra i due paesi mediterranei rischiano sempre d’infiammarsi a causa di territori contesi. Lo scontro più recente era nell’aria da novembre, quando è stato firmato un accordo tra Ankara e il Governo d’accordo nazionale (Gna) della Libia, sostenuto dall’Onu. L’accordo prevede un confine marittimo più esteso, considerato inaccettabile dai greci e anche dal diritto internazionale. I tentativi della Germania di mediare tra Atene e turchi erano quasi riusciti quando all’inizio di agosto Grecia ed Egitto hanno concluso in tutta fretta un accordo che si sovrappone a quello tra turchi e libici. La Turchia ha risposto inviando nella zona una nave di ricerche sismiche, accompagnata da una flottiglia militare, che è risultata poi coinvolta nella collisione con una vecchia fregata greca.

Il disordine nel Mediterraneo orientale mostra che il vecchio ordine si sta disfacendo, a un costo molto pesante

Ad aggravare il tutto ci sono contrasti più ampi che coinvolgono la Turchia, dalla Libia alla Siria: il terzo ingrediente di questo esplosivo calderone. Riguardo alla Libia, Turchia e Francia sono ai ferri corti. A giugno le navi militari turche hanno impedito a una fregata francese d’ispezionare una nave sospettata di trasportare armi per il Gna. I francesi non hanno problemi a reagire. I turchi condannano le interferenze francesi e ritengono che la Grecia e i suoi alleati si stiano coalizzando contro di loro. La Turchia, guidata dall’autoritario presidente Recep Tayyip Erdoğan, sta rispondendo facendo sentire il suo peso.

Ankara potrebbe sentirsi rinvigorita dal fatto che alcuni paesi, come il Regno Unito, preferiscano evitare di mettersi contro un alleato della Nato mentre altri, in particolare la Germania, temono che se si tira troppo la corda la Turchia potrebbe scatenare il caos facendo partire altri migranti verso l’Europa.

Necessità di moratoria
Come gettare acqua sul fuoco in una situazione del genere? In passato gli Stati Uniti avrebbero potuto offrirsi come garanti dell’ordine (come fecero dopo gli scontri del 1996). Ma il disordine nel Mediterraneo orientale mostra che il vecchio ordine si sta disfacendo, a un costo molto pesante. Il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno invitato la Grecia e la Turchia a riprendere il dialogo. Una sintesi tra l’approccio muscolare di Macron e la mediazione di Merkel potrebbe rivelarsi efficace nel convincere la Turchia che, sebbene la sua trasgressione delle regole sia inaccettabile, le sue preoccupazioni saranno ascoltate. La priorità è creare uno spazio di manovra che permetta a Turchia e Grecia di discutere. Una moratoria sull’esplorazione delle acque contese potrebbe essere un buon inizio.

L’ironia è che, dato l’attuale calo dei prezzi, le compagnie petrolifere stanno rimandando ulteriori perforazioni vicino a Cipro. La transizione verso le fonti di energia rinnovabili prosegue a ritmo sostenuto. Le aziende energetiche stanno diventando sempre più selettive nei loro investimenti. Più i leader del Mediterraneo orientale continuano a bisticciare, più aumentano le possibilità che i giacimenti di gas della regione restino come sono.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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