09 luglio 2020 13:15

Il 9 giugno centinaia di persone hanno circondato Park Tavern, un grande ristorante all’aperto che si trova nel parco Piedmont di Atlanta, in Georgia. Erano a due metri di distanza l’una dall’altra in una fila che si sviluppava intorno al parcheggio. Volevano votare alle primarie del Partito democratico statunitense. I due seggi elettorali della zona erano chiusi, e le autorità avevano deciso di far votare 16mila persone nel parco. In tutta l’area metropolitana di Atlanta più di ottanta seggi erano stati chiusi o accorpati, per preoccupazioni relative all’epidemia di covid-19. A peggiorare la situazione c’era il fatto che le macchine per il voto elettronico, appena comprate dallo stato, non stavano funzionando.

Alcune persone hanno aspettato più di tre ore per votare. Altre hanno rinunciato e se ne sono andate. Quello che è successo in Georgia non è stato un’anomalia. Le primarie del 2020 sono cominciate con il caos dei caucus democratici dell’Iowa, dove l’app per il conteggio dei voti si è inceppata, rendendo inaffidabile il risultato finale. Un mese dopo, quando 14 stati sono andati al voto nella stessa giornata (il cosiddetto supermartedì), a Los Angeles, a Houston, a Dallas e a Sacramento gli elettori sono rimasti in fila per ore. Passato un altro mese, mentre migliaia di statunitensi morivano a causa del covid-19, i politici statali hanno cominciato a cancellare le primarie. Il parlamento del Wisconsin, controllato dai repubblicani, ha forzato la mano e ha deciso di non rimandare il voto. Gli elettori di Milwaukee si sono ritrovati a votare sotto la grandine, con la mascherina e facendo lunghe file nei soli cinque seggi elettorali aperti (in tempi normali sarebbero stati 180).

Questi precedenti fanno pensare che le elezioni di novembre – in cui si voterà sia per eleggere il presidente sia per rinnovare il congresso – potrebbero essere un disastro. Alcuni stati, come quello di New York, stanno facendo di tutto per rendere più facile il voto per posta. Ma alcuni stati stanno cercando di rendere le cose sempre più difficili per i cittadini. L’Oklahoma sta lottando per mantenere una legge che prevede che i voti per corrispondenza debbano essere autenticati. In Texas agli elettori non basterà citare la vulnerabilità al covid-19 per poter votare per corrispondenza. Questa ostilità alle forme alternative di voto arriva direttamente dal presidente statunitense. “Le schede elettorali per posta favoriscono le frodi elettorali”, ha dichiarato tempo fa Donald Trump.

Seggi introvabili
Le barriere all’accesso al voto erano già inaccettabili prima della pandemia, sostiene Leah Aden, avvocata dell’Associazione nazionale per il progresso delle persone di colore (Naacp), coinvolta in varie cause relative al diritto di voto. Gli elettori neri, in media, aspettano il 45 per cento più a lungo degli elettori bianchi per votare; le persone di origine latinoamericana aspettano il 46 per cento in più. Uno studio realizzato dall’Unione americana per le libertà civili della Florida ha rivelato che gli elettori afroamericani e ispanici dello stato avevano quasi il doppio delle possibilità rispetto ai bianchi che il loro voto per corrispondenza fosse invalidato. Questo sia per gli errori commessi dagli elettori al momento di completare la procedura di voto sia per le modalità con cui lo stato convalida le schede. Secondo Aden decidere di non cambiare un sistema già di per sé difettoso durante una pandemia è inaccettabile.

Vari stati, tra cui Georgia, Virginia e Massachusetts, hanno registrato un’affluenza senza precedenti alle primarie democratiche, e vedranno probabilmente raddoppiare o triplicare il numero di elettori alle elezioni presidenziali. “Probabilmente non troveremo una soluzione a questi problemi entro novembre”, dice Michael McDonald, docente all’università della Florida ed esperto di sistemi elettorali. “In alcuni casi, la verità è che non c’è alcuna buona soluzione”.

Non compariranno magicamente nuovi seggi elettorali. In media gli scrutatori hanno più di sessant’anni, un’eta oltre la quale aumentano i rischi legati al covid-19. Ad aprile in Wisconsin circa settemila scrutatori si sono rifiutati di andare ai seggi per paura di ammalarsi. Gli elettori hanno dovuto arrangiarsi per trovare nuovi seggi, spesso facendo fatica per raggiungerli. Di conseguenza ci sono state lunghe code e molti più voti per corrispondenza.

Nel 1918 la campagna elettorale fu sospesa, i raduni pubblici furono limitati e molti elettori furono messi in quarantena

“Uno degli elementi che spinge le persone a votare è l’abitudine”, spiega Henry Brady, esperto di politica elettorale all’università della California a Berkeley. Alcune persone votano perché è relativamente facile farlo. Nel 2011 Brady e alcuni suoi colleghi hanno esaminato il modo in cui lo spostamento dei seggi poteva condizionare l’esito di un’elezione. Hanno scoperto che il cambiamento potrebbe ridurre l’affluenza fino al due per cento. Quando hanno saputo che il loro seggio era stato spostato, alcune persone hanno votato per corrispondenza. Ma la ricerca è stata condotta in California, dove per votare per corrispondenza non servono ragioni specifiche. “È probabile che si perdano molti più voti in luoghi dove il voto per posta non è così facile”.

Durante le primarie del 2016 gli abitanti della contea di Maricopa, in Arizona, hanno aspettato fino a cinque ore per votare. Questo perché dopo che lo stato aveva tagliato il bilancio della contea, i funzionari locali avevano ridotto il numero dei seggi del settanta per cento, passando da duecento a sessanta: un seggio elettorale ogni 21mila elettori. In dodici altri stati, tra cui Florida, Georgia, North Carolina e Alabama, è successo qualcosa di simile.

Fino al 2013 il governo federale poteva bloccare, sulla base del Voting rights act del 1965, le leggi elettorali che mettevano a rischio il diritto di voto, soprattutto negli stati che in passato avevano discriminato le minoranze. Ma sette anni fa la corte suprema ha cancellato una parte del Voting rights act. Secondo un rapporto del Fondo di difesa legale, quando vengono chiusi dei seggi molte persone nere o ispaniche sono costrette, in modo sproporzionato rispetto ai bianchi, a percorrere distanze più lunghe per votare.

A novembre a causa della pandemia un numero insolitamente alto di persone voterà per posta. Se dimenticheranno di firmare la busta contenente la scheda, se lo faranno ma la firma non corrisponderà a quella registrata nell’ufficio elettorale, e perfino se uno scrutatore leggerà in maniera sbagliata un’informazione corretta, il voto potrà essere invalidato. La Commissione per l’assistenza elettorale, un’agenzia indipendente creata per facilitare le procedure di voto, ha riferito che nelle elezioni del 2016 più di trecentomila voti postali sono stati invalidati. “Nel 2020 questo numero potrebbe essere decisamente più alto – anche un milione – se non saranno prese delle contromisure”, sostiene McDonald. “E anche se lo faremo, ci sarà comunque un numero insolitamente alto di schede elettorali rifiutate”.

Gli Stati Uniti hanno già organizzato delle elezioni durante emergenze sanitarie. Nel 1918, durante la pandemia d’influenza spagnola, la campagna elettorale fu sospesa, i raduni pubblici furono limitati e molti elettori furono messi in quarantena. Gli sforzi per organizzare un’elezione regolare portarono ad alcuni intoppi. In Idaho il risultato di un’elezione locale venne rovesciato dopo che i voti provenienti da un seggio aggiuntivo – creato per permettere a studenti e insegnanti dell’Idaho in quarantena di votare – vennero invalidati dalla corte suprema.

Se la storia può dare delle indicazioni, gli Stati Uniti si dirigono, sbandando, verso un novembre agitato. E se Trump e i repubblicani vorranno sfruttare la pandemia a loro vantaggio in autunno, potrebbero avere un pretesto di sanità pubblica per farlo.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato su The Atlantic.

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