20 aprile 2021 14:16

Articolo aggiornato il 21 aprile 2021.

Il processo contro Derek Chauvin, il poliziotto accusato di aver ucciso George Floyd il 26 maggio 2020 a Minneapolis, si è concluso il 21 aprile con una condanna per tutti i capi d’imputazione. I dodici giurati hanno raggiunto un verdetto dopo dieci ore di deliberazione, segno che non avevano molti dubbi sulla colpevolezza dell’imputato. A Minneapolis e in altre città del paese ci sono state manifestazioni per celebrare l’esito del processo, che secondo molti esperti e attivisti segna un punto di svolta sul tema della violenza della polizia. La pena nei confronti di Chauvin sarà annunciata entro le prossime sei settimane. L’ex poliziotto rischia fino a quarant’anni di carcere.

Le accuse
Le accuse contro Chauvin, che è rimasto con il ginocchio sul collo di Floyd per più di nove minuti, erano tre.

  • La prima, la più grave, era quella di omicidio di secondo grado, anche chiamato omicidio involontario. Secondo l’ordinamento del Minnesota, si verifica quando una persona ne uccide un’altra mentre commette un altro crimine (in questo caso l’aggressione a Floyd). La pena massima per quest’accusa è di quarant’anni di carcere. Ma, secondo le linee guida dell’ordinamento del Minnesota, una persona senza precedenti penali (come Chauvin) dovrebbe essere condannato a dieci anni e mezzo di carcere.
  • La seconda accusa era omicidio di terzo grado. Secondo l’ordinamento del Minnesota, l’omicidio di terzo grado avviene quando una persona ne uccide un’altra non intenzionalmente ma a causa di un comportamento irresponsabile, mostrando “una mente corrotta, senza riguardo per la vita umana”. Secondo i commentatori, è l’accusa più facile da provare. Comporta una pena massima di 25 anni, ma le linee guida raccomandano una condanna a dieci anni e mezzo.
  • La terza era omicidio colposo, per cui la pena massima è di dieci anni di carcere, mentre le linee guida ne raccomandano quattro.

Parola ai giurati
La giuria era composta da sette donne e cinque uomini, sei bianchi, quattro neri e due di comunità miste. Hanno stabilito che i pubblici ministeri hanno provato le accuse “oltre ogni ragionevole dubbio”.

Le testimonianze
I giurati hanno preso la loro decisione in base alle 45 testimonianze che hanno ascoltato. Rispetto ad altri processi contro agenti di polizia, quello a Chauvin si è distinto per il fatto che molti colleghi o ex colleghi dell’imputato hanno testimoniato contro di lui. Tra questi c’è il capo del dipartimento di Minneapolis, Medaria Arredondo. Nella sua testimonianza, Arredondo ha detto che Chauvin ha violato le regole di comportamento del dipartimento: “Una volta che Floyd aveva smesso di opporre resistenza, Chauvin avrebbe dovuto fermarsi, e sicuramente avrebbe dovuto farlo quando Floyd era sofferente e ha cercato di esprimerlo”. Katie Blackwell, che in passato ha diretto il programma di addestramento della polizia di Minneapolis, ha detto cose simili. Inoltre l’accusa ha chiamato a deporre una serie di esperti medici. Martin Tobin, un noto esperto di malattie polmonari, ha sostenuto che Floyd è morto per la mancanza di ossigeno causata dalla compressione del ginocchio sulle vie respiratorie. Andrew Baker, medico legale della contea di Minneapolis, ha aggiunto che i problemi cardiaci di Floyd e il fatto che facesse uso di fentanyl, un potente oppioide, non hanno causato direttamente la sua morte.

Eric Nelson, l’avvocato di Chauvin, ha chiamato a testimoniare David Fowler, un medico che ha testimoniato in molti processi di questo tipo, il quale ha detto che Floyd è morto per la combinazione di un problema cardiaco sopravvenuto durante l’arresto e dell’uso di fentanyl e metanfetamina. Inoltre la difesa ha chiamato a deporre Barry Brodd, esperto nell’uso della forza da parte della polizia. Secondo Brodd, Chauvin ha agito in modo “ragionevole” perché stava affrontando “una minaccia imminente”. Infine la difesa ha provato a sostenere che il comportamento di Chauvin e degli altri agenti è stato condizionato “dall’aggressività” dei passanti che si sono fermati sulla scena, che hanno fatto sentire i poliziotti in pericolo.

I precedenti
La condanna di Chauvin rappresenta una novità per questo genere di casi. Secondo un’inchiesta del New York Times, che ha analizzato decine di casi di agenti che hanno ucciso o ferito dei sospettati, in passato i processi che si sono conclusi con una condanna sono molto pochi. In realtà nella maggior parte dei casi non si arriva nemmeno a processo perché i procuratori – che di solito si considerano parte delle forze dell’ordine – si rifiutano di incriminare. Secondo gli esperti, il processo contro Chauvin ha avuto un esito diverso per via dell’indignazione pubblica scatenata dalla morte di Floyd e perché stavolta – caso unico nella storia – molti agenti hanno criticato le azioni dell’imputato durante il processo.

Conseguenze
Nelle ultime settimane i commentatori statunitensi si sono chiesti se un’eventuale condanna potrebbe favorire una riforma della condotta della polizia. Alcuni credono di sì, perché una pena severa contro Chauvin farebbe capire agli agenti di tutto il paese che le condotte estremamente aggressive nei confronti dei sospettati non sono tollerabili. Inoltre la condanna potrebbe spingere i procuratori di altre città a incriminare i poliziotti che commettono abusi. Molti altri esperti e commentatori non sono d’accordo, perché sostengono che dei casi isolati non bastano per ottenere il tipo di riforma strutturale che da anni chiedono gli attivisti antirazzisti. Queste posizioni sono riassunte in un articolo del Washington Post pubblicato su Internazionale in edicola.

Tensione sociale
C’era molta attesa per la decisione della giuria, non solo a Minneapolis ma in tutto il paese. Il 20 aprile Tim Walz, il governatore del Minnesota, aveva rafforzato le misure di sicurezza, chiedendo aiuto all’Ohio e al Nebraska. Lo scorso anno, quando più di mille edifici erano stati danneggiati durante le proteste per la morte di Floyd, Walz era stato molto criticato per come aveva gestito la situazione. In città la tensione è cresciuta dopo che l’11 aprile Daunte Wright, un nero di vent’anni disarmato, è stato ucciso da una poliziotta dopo un fermo stradale. Secondo le ricostruzioni della polizia, l’agente avrebbe estratto la pistola invece del taser. Centinaia di persone sono scese in piazza per giorni, e si sono scontrate con la polizia in assetto antisommossa. Negli stessi giorni è stato reso pubblico un video in cui si vede un agente sparare e uccidere a Chicago, il 29 marzo, Adam Toledo, 13 anni: nuove proteste contro la violenza della polizia sono immediatamente scoppiate in molte città. Secondo le ricostruzioni, l’agente ha sparato quando Toledo aveva le mani in alto.

Qui le foto delle manifestazioni nate dopo la condanna di Floyd in tutto il paese.

Internazionale ha una newsletter sugli Stati Uniti. Ci si iscrive qui.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it