15 gennaio 2018 13:13

“Alla fine del 2017, il ‘piano d’azione invernale’ per Pechino, Tianjin e 26 città limitrofe (il cosiddetto 2 + 26 città) ha provocato un drastico calo dell’inquinamento di tutta l’area, grazie a una riduzione della produzione industriale, a un aumento delle ispezioni nelle fabbriche inquinanti e al divieto della combustione di carbone su piccola scala. I livelli di pm2,5 nelle 28 città prese in esame sono diminuiti del 33 per cento nell’ultimo trimestre del 2017 e i livelli di Pechino sono diminuiti del 54 per cento. Il divieto all’uso di carbone è stato messo in pratica male e ha fatto sì che centinaia di migliaia di famiglie rimanessero senza riscaldamento per settimane. Tuttavia, i miglioramenti nella qualità dell’aria dimostrano l’urgente necessità di ridurre la combustione di carbone e allo stesso tempo di garantire a tutti l’accesso a un riscaldamento adeguato”.

Il rapporto sulla qualità dell’aria in Cina, diffuso da Greenpeace East Asia l’11 gennaio, fotografa bene cosa sta succedendo nella capitale cinese ormai da mesi. Chiamiamola delocalizzazione parallela: ambientale e umana. Sia l’inquinamento sia i migranti sono allontanati sempre più da Pechino, ormai “città vetrina” del “socialismo con caratteristiche cinesi che entra nella nuova era” – o del “sogno cinese”. La polvere viene spazzata sotto il tappeto.

Cieli azzurri e sgomberi
Il rapporto conferma quanto avevamo già percepito intuitivamente e fisicamente. L’inverno pechinese è stato insolitamente ricco di cieli azzurri e aria respirabile. Chi vive nella megalopoli se ne compiace, intanto però sotto il naso gli sfilano centinaia di migliaia di persone che raccolgono le loro cose e lasciano Pechino per tornare alle province e ai villaggi d’origine. E chi resta, specialmente dove gli impianti a carbone non sono stati ancora sostituiti con quelli elettrici o a gas naturale, gela.

Espulso il migrante, demolito il tugurio, l’emissione di carbone finisce

L’inquinamento diminuisce nella capitale ma aumenta a mano a mano che ci si allontana, segue quasi lo stesso itinerario della forza lavoro espulsa, come una nuvola nera che ne accompagna la migrazione in senso inverso.

Che nesso c’è tra migranti e inquinamento? Precisamente quello che il rapporto di Greenpeace lascia intuire: sono soprattutto loro che, per riscaldarsi nelle abitazioni di fortuna dove trovano alloggio, ricorrono alla “combustione di carbone su piccola scala”. Espulso il migrante, demolito il tugurio, l’emissione di carbone finisce.

Stanno davvero rivoltando Pechino come un guanto, usandola come modello e terreno di sperimentazione per qualcosa che probabilmente faranno poi a livello nazionale. La capitale è come uno shidian, “punto sperimentale” dove i politici locali e nazionali abbozzano la Cina che verrà.

“Dal punto alla superficie” – youdian daomian – è un metodo che il Partito comunista cinese applica da prima ancora di prendere il potere nel 1949, quando sperimentava la riforma agraria nelle campagne liberate da giapponesi e nazionalisti. C’è una linea ufficiale, poi tradotta in esperienze particolari da funzionari solerti che vogliono fare carriera e i tentativi di successo diventano “esperienze modello” (dianxing jingyan) e si estendono al resto del paese.

Dal punto alla superficie, appunto. È un modello alternativo a quello democratico, che implica (o implicherebbe) la ridiscussione continua degli obiettivi stessi di una certa linea politica. Qui non si discute, ma ci sono tanti modi per metterla in pratica. I più efficienti trionferanno.

Leggere criticamente la realtà
Ho alcuni amici che potremmo definire intellettuali della nuova sinistra cinese. Gente che rivaluta la Cina maoista contrapponendola a quella capitalista degli ultimi 40 anni. Non sono dei pazzi nostalgici, semplicemente leggono criticamente quello che gli succede attorno. E sono spesso un trait d’union tra l’università, dove in genere insegnano, e le comunità migranti che popolano le città cinesi.

Mi hanno spiegato che l’insistenza del presidente Xi Jinping su una Cina che deve farsi “moderna potenza socialista” democratica, prosperosa ma anche “armoniosa e bella” – come ha proclamato all’ultimo congresso del Partito – contiene la giustificazione delle demolizioni/espulsioni nel nome dell’ambiente. I funzionari locali, come il capo del Partito di Pechino Cai Qi, eseguono. La questione ambientale diventa dispositivo per attuare l’ingegneria sociale.

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