18 dicembre 2020 17:38

Per la musica, e non solo per quella, il 2020 è stato l’anno che non c’è stato. Tanti dischi dovevano uscire, tanti concerti erano in programma, molte persone erano pronte a radunarsi per cantare e ballare. E invece niente. Eravamo e siamo ancora più o meno isolati nelle nostre case. L’industria musicale soffre, soprattutto quella legata alla musica dal vivo, e molte persone sono senza lavoro. La musica è stato uno dei settori più colpiti dalla pandemia e in questo momento davvero non sappiamo quando tutto tornerà alla normalità.

Ha senso quindi fare la lista dei migliori album del 2020? Nonostante la pandemia, sono usciti alcuni dischi molto belli. Certo, tanti grandi nomi (su tutti mi viene in mente Kendrick Lamar) hanno deciso di aspettare tempi migliori per pubblicare nuovo materiale pur avendolo quasi pronto, ma comunque abbiamo per le mani qualcosa che aiuta a consolarci dopo un anno difficile.

10. The price of tea in China, Boldy James & The Alchemist
The Alchemist è il produttore rap che ha fatto le cose migliori nel 2020, a partire da questo disco registrato insieme al rapper di Detroit Boldy James. Un lavoro cupo, notturno, dove in brani come Run-ins ai versi del rapper si alternano registrazioni della radio della polizia o pezzi di notiziari televisivi sui casi di violenza negli Stati Uniti. Il gemello malinconico di RTJ4. Se vi è piaciuto questo, ascoltate anche Alfredo di Freddie Gibbs e A doctor, painter & an alchemist walk into a bar, l’album strumentale di The Alchemist uscito a febbraio.

9. The new abnormal, The Strokes
Dopo anni, The new abnormal mi ha riconciliato con gli Strokes. La band di Julian Casablancas non sembrava così in forma dai tempi di Room on fire. Prodotto da Rick Rubin, che al solito è bravo a togliere gli orpelli, The new abnormal è una raccolta di brani non sempre perfetti ma molto sinceri. Bad decisions scopiazza dai Modern English e da Billy Idol, Ode to the Mets a tratti inciampa, The adults are talking ricicla vecchi riff. Eppure suonano tutte sincere, vive.

8. Watchmen, Trent Reznor e Atticus Ross
Se questa fosse una classifica delle serie tv del 2020, Watchmen sarebbe al primo posto in solitaria. Ma la creazione di Damon Lindelof, che ha avuto la forza di dare un seguito del capolavoro di Alan Moore senza restarne scottato, non sarebbe stata così straordinaria senza la musica di Trent Reznor e Atticus Ross, che si confermano impeccabili quando lavorano per il grande e piccolo schermo. I tre volumi di Watchmen contengono intuizioni notevoli, dal ritmo trascinante di NUN WITH A MOTHERF* & *ING GUN alla cover strumentale di Life on Mars? di David Bowie.

7. Saint Cloud, Waxahatchee
Il miglior disco di musica tradizionale statunitense del 2020, che veleggia tra Townes Van Zandt e il Dylan più vicino al country. Pezzi che trasudano saggezza, cantati però da una ragazza neanche trentenne. La cantautrice Katie Crutchfield dimostra di aver già trovato una maturità artistica invidiabile, evidente in brani come Lilac e War.

6. The angel you don’t know, Amaarae
Nell’anno in cui un disco cantato in spagnolo è arrivato per la prima volta in testa alla classifica statunitense, e i confini del pop mondiale si sono fatti sempre più labili. L’Africa avanza, guidata da voci nuove e interessanti come quella di Amaarae, nata in Ghana nel 1994 e formatasi musicalmente negli Stati Uniti. Ascoltando il suo esordio The angel you don’t know non si capisce bene dove comincia la tradizione africana e dove finisce la trap di Atlanta. Che bella vertigine.

5. Miss Colombia, Lido Pimienta
In Miss Colombia Lido Pimienta esplora il suo rapporto con la madrepatria, la Colombia, un paese che ha deciso di abbandonare per trasferirsi in Canada. Riflette sulle sue origini wayuu, sulla sua femminilità, il suo essere donna queer e madre. Lo fa con due linguaggi: il pop elettronico e la musica tradizionale latinoamericana, soprattutto la cumbia. Pop globale di enorme classe, sospeso fra tradizione e innovazione.

4. Rough and rowdy ways, Bob Dylan
Per parlare di Rough and rowdy ways non si può non partire da una cosa: contiene una delle canzoni più belle mai scritte da Bob Dylan. E di belle canzoni ne ha scritte parecchie. Eppure, anche a mesi dalla sua uscita, è difficile non rimanere sconvolti dalla forza narrativa di Murder most foul, uno spoken word così lungo e complesso da essere quasi un racconto. A marzo 2020, quando Dylan lo ha pubblicato dal nulla accompagnato solo da un tweet, sembrava quasi il suo commiato artistico. E invece altro che commiato, quel brano era solo il lato b di un disco bellissimo, nel quale il cantautore è tornato con la solita combattività, anche se con un passo forse definitivamente senile. E così all’improvviso ce ne siamo resi conto: Bob Dylan ha oltrepassato anche gli anni duemila, scostante e geniale, diretto chissà dove.

3. RTJ4, Run The Jewels
A proposito di Black lives matter, se c’è un disco che ha dato voce alle proteste della comunità afroamericana statunitense è RTJ4, ritorno sulla scena del duo formato dai rapper statunitensi Killer Mike e El-P. A un certo punto del pezzo Walking in the snow Killer Mike critica l’insensibilità con cui i mezzi d’informazione e il pubblico statunitense affrontano gli omicidi commessi dalla polizia contro neri disarmati e dice: “I can’t breathe”, un riferimento all’omicidio di Eric Garner, ucciso dalla polizia nel 2014. Quella stessa frase è stata ripetuta poi da George Floyd, ucciso dagli agenti nel maggio 2020 a Minneapolis, un fatto che ha spinto i Run The Jewels ad anticipare di un paio di giorni l’uscita del disco. Un tempismo figlio della coerenza, non certo dell’opportunismo.

2. Untitled (Rise), Sault
Dei Sault sappiamo solo che sono britannici, che al progetto hanno partecipato il produttore Inflo (già al lavoro su Grey area di Little Simz e collaboratore di Michael Kiwanuka) e la cantante Cleo Sol, che i proventi dei dischi vanno in beneficenza e che il gruppo non fa promozione: niente interviste, video o comunicati stampa. La musica dei Sault è militante, figlia della tradizione della musica nera e solidale con il movimento statunitense Black lives matter. Hanno pubblicato quattro album in 18 mesi tra la fine del 2019 e il 2020, e non è facile sceglierne uno perché sono tutti ottimi. Forse Untitled (Rise), l’album più leggero e costruito su sonorità disco e funk, è quello con i pezzi migliori.

1. Fetch the bolt cutters, Fiona Apple

Il quinto album di Fiona Apple è un universo sonoro compiuto, anche se è nato e cresciuto tra quattro mura, quelle di casa sua. Ed è ironico che sia uscito proprio durante il lockdown. Ma non è solo per questo motivo che è il disco più importante del 2020: le canzoni sono di grande qualità, a partire proprio da Fetch the bolt cutters e da Heavy balloon, la migliore performance vocale del disco. Il suono percussivo e i cambi repentini dei pezzi sono un labirinto dentro il quale è bello perdersi. La maggior parte delle persone alla fine ha parlato solo del dieci dato da Pitchfork (eccessivo, va detto), invece sarebbe il caso di riprendere in mano questi brani e di goderseli senza pensarci su troppo.

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