30 ottobre 2020 11:30

Martedì 3 novembre 2020 negli Stati Uniti si vota per eleggere il nuovo presidente e rinnovare parte del congresso. Il fatto che si svolgano durante una pandemia rende queste elezioni molto particolari. Il presidente uscente Donald Trump e il democratico Joe Biden, vicepresidente durante il mandato di Barack Obama, sono i due candidati che si contenderanno il ruolo di 46º presidente. Ma vediamo nei dettagli come si svolgono e cosa c’è da sapere sulla 59ª elezione presidenziale degli Stati Uniti.

Quando, come e per cosa si vota
Le elezioni si tengono ogni quattro anni, il martedì dopo il primo lunedì di novembre. In realtà tantissimi statunitensi si sono già espressi attraverso le procedure per il voto anticipato. Secondo i dati aggiornati al 28 ottobre, 71 milioni di persone hanno giù votato, più della metà dei voti totali delle elezioni del 2016 (poco meno di 138 milioni). A causa della pandemia – che finora ha provocato quasi 9 milioni di casi e più di 225mila morti – quest’anno molte più persone stanno votando per posta.

Durante la campagna elettorale Donald Trump si è più volte scagliato contro questa modalità di voto, sostenendo che potrebbe favorire brogli elettorali.

Oltre a eleggere il 46º presidente degli Stati Uniti, alle elezioni che si terranno, o meglio si concluderanno il 3 novembre, si vota anche per eleggere il vicepresidente (Mike Pence per i repubblicani e Kamala Harris per i democratici) e per rinnovare l’intera camera dei rappresentanti, formata da 435 persone, e un terzo del senato (33 dei cento membri). Ogni stato è rappresentato alla camera in base alla sua popolazione, mentre al senato ognuno può contare su due seggi. Al momento i democratici controllano la camera e i repubblicani il senato. Inoltre si vota per eleggere undici governatori statali e molti parlamentari locali. Ad avere diritto di voto sono tutti i cittadini statunitensi che abbiano compiuto 18 anni. Il presidente degli Stati Uniti eletto a novembre comincerà ufficialmente il suo mandato il 20 gennaio 2021.

Come funziona il sistema elettorale
Gli Stati Uniti hanno un sistema a elezione semidiretta: il presidente lo scelgono i cittadini, ma passando per i cosiddetti grandi elettori, che sono 538 in totale e formano il collegio elettorale, previsto dall’articolo 2 della costituzione. Vince il candidato che ottiene almeno 270 voti dei grandi elettori, la metà più uno del collegio elettorale (il cui numero è pari al numero dei rappresentanti al congresso: 435 deputati, cento senatori e tre rappresentanti per il District of Columbia, dove si trova la capitale Washington). Se nessun candidato raggiunge quella soglia, spetta alla camera eleggere il presidente mentre il senato sceglie il vicepresidente. Il numero di grandi elettori per ogni stato varia in base alla sua popolazione (per esempio, la California, che ha 40 milioni di abitanti, ha diritto a 55 grandi elettori; il Wyoming, che ha 600mila abitanti, ne ha tre). In ogni stato (tranne che nel Maine e in Nebraska) il candidato che ottiene più voti conquista tutti i delegati in palio.

Tradizionalmente le elezioni si giocano su una quindicina di stati in bilico, i cosiddetti swing states, quindi fino all’ultimo la partita è del tutto aperta.

Come hanno dimostrato le elezioni del 2016, un candidato può vincere il voto popolare (cioè prendere nel complesso più voti del suo avversario) e perdere le elezioni. Quattro anni fa Hillary Clinton, la candidata del Partito democratico, prese tre milioni di voti in più rispetto a Trump, ma perse comunque le elezioni. Questo perché il candidato repubblicano riuscì a vincere per pochi voti in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, tre stati che nelle passate elezioni si erano schierati con i democratici.

Di solito nelle ore successive alla chiusura delle urne si comincia a capire chi ha vinto, ma quest’anno potrebbero volerci giorni se non addirittura settimane. Questo perché l’aumento dei voti per posta renderà lo scrutinio più lento, e non aiuta il fatto che le modalità di conteggio dei voti cambiano da uno stato all’altro. Ma c’è una data limite: il 14 dicembre i nuovi grandi elettori dovranno riunirsi per votare e nominare il presidente e il vicepresidente. Non sono giuridicamente vincolati a votare in base al risultato del loro stato, hanno solo un obbligo politico, che in tutta la storia degli Stati Uniti è stato quasi sempre rispettato.

Cosa dicono gli ultimi sondaggi
Da tempo i sondaggi danno Biden in vantaggio nella maggior parte degli stati in bilico. In Florida, che nel 2016 si schierò con Trump dopo aver votato per Obama quattro anni prima, il vantaggio del candidato democratico è esiguo (circa un punto secondo la media dei sondaggi). La Florida assegna 29 grandi elettori. In Pennsylvania, uno stato storicamente democratico ma passato ai repubblicani nel 2016, il vantaggio di Biden è di oltre 5 punti percentuali. Secondo la maggior parte dei commentatori, questo stato, che assegna 20 grandi elettori, è fondamentale per Biden. Così come Wisconsin e Michigan, altri due stati vinti a sorpresa da Trump nel 2016, dove Biden sembra avere un vantaggio abbastanza solido. In Ohio, che ha 18 grandi elettori in palio e che quattro anni fa si schierò con i repubblicani, Biden è leggermente in vantaggio. Se questi sondaggi dovessero rivelarsi corretti, il candidato democratico vincerebbe con un margine ampio, ma molti commentatori ricordano il caso del 2016, quando tanti sondaggi sottostimarono il consenso di Trump.

Per quanto riguarda il congresso, i sondaggi indicano che i democratici dovrebbero conservare il controllo della camera e sono in vantaggio per conquistare il senato.

I candidati
I due candidati che si contendono il ruolo di presidente degli Stati Uniti sono il repubblicano Donald Trump, uscente, e Joe Biden, vicepresidente di Barack Obama dal 2009 al 2017.

Donald Trump, eletto per un primo mandato nel 2016, e in carica dal gennaio 2017, aveva annunciato la sua volontà di correre per un secondo mandato già poco tempo dopo la sua prima elezione. Le elezioni primarie del partito repubblicano, che in alcuni stati non si sono neanche tenute dal momento che il partito ha appoggiato il presidente uscente, si sono concluse con la convention nazionale a Jacksonville, in Florida, che si è tenuta dal 24 al 27 agosto 2020.

Il suo sfidante è Joe Biden, 78 anni, che ha prevalso sugli altri candidati democratici – tra cui Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Michael Bloomberg – alle primarie del partito. All’inizio i candidati democratici erano 27, e la maggior parte si è ritirata ben prima dell’inizio delle primarie. Le primarie si sono concluse nell’agosto 2020 con l’investitura ufficiale di Biden, durante la convention che, a causa della pandemia, si è svolta a distanza.

L’impatto del covid sul voto
Le elezioni del 2020 saranno storiche per vari motivi, primo fra tutti l’essersi tenute in piena pandemia di covid-19. Donald Trump, che dall’inizio dell’epidemia ha sempre sminuito la gravità del virus, è risultato positivo all’inizio di ottobre. Joe Biden ha da subito adottato una strategia opposta, mettendo in guardia dai rischi sanitari e invitando i suoi sostenitori a comportarsi in modo responsabile, a cominciare dall’uso della mascherina.

La più importante conseguenza della pandemia sulle presidenziali statunitensi è il ricorso senza precedenti al voto via posta. Con 70 milioni di voti già espressi si è avuto un aumento di oltre il 50 per cento dell’uso di questa modalità di voto rispetto alle elezioni del 2016.

Secondo l’istituto di sondaggi Catalist, citato dalla Cnn, gli elettori più giovani, quelli che hanno tra i 18 e i 29 anni, costituiscono la quota maggiore di coloro che rispetto al 2016 hanno scelto il voto anticipato. La pandemia ha inoltre riscritto completamente anche la storia della campagna elettorale, dal momento che i comizi affollatissimi, le convention e i dibattiti, che rappresentano il cuore dei mesi pre-elettorali in una democrazia come gli Stati Uniti, sono stati ridotti o del tutto cancellati.

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