22 ottobre 2018 17:42

L’acqua che ingrossava la pozzanghera ha reso sospettose anche le capre di Khan al Ahmar. Si sono avvicinate e l’hanno annusata. Non c’è da stupirsi. Soltanto la settimana scorsa, un lago di acque di scolo si era formato nello stesso, piccolo bacino dopo l’esondazione di una fogna sulla collina dove l’insediamento di Kfar Adumin prospera felice. Per tre giorni i residenti, la folla e gli attivisti avevano dovuto sopportare il tanfo. Quanto era fondato il sospetto che lassù in collina i loro vicini avessero rotto intenzionalmente le condutture? Non possiamo saperlo, ma non dimentichiamo che gli stessi vicini, dieci anni fa, hanno lanciato una campagna per la demolizione del villaggio e lo sfratto dei suoi abitanti. Di sicuro possono aspettare qualche giorno prima che il loro desiderio si realizzi.

E sì, questa volta il lago è di acqua pura. Quanto è fondato il sospetto degli israeliani che qualcuno abbia deliberatamente rotto la conduttura dell’acqua per ritardare la demolizione? Non possiamo saperlo. Perfino la stampa palestinese non può occuparsi continuamente della minacciosa presenza della polizia attorno al piccolo villaggio impoverito ed esausto, citato da Theresa May in un discorso davanti al parlamento la scorsa settimana, esprimendo la solita posizione del Regno Unito contro la demolizione.

L’unione di molte forze è riuscita a far conoscere la vicenda di Khan al Ahmar in tutto il mondo. Invano. Le autorità israeliane sono decise a portare a termine l’evacuazione del villaggio. Chi farà caso alle altre decine di piccole comunità palestinesi che affrontano un destino simile?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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