10 luglio 2003 16:43

Mamme che singhiozzano accanto allo sbarramento e si aggrappano disperatamente al ferro della recinzione. Padri che continuano a tormentare i cellulari nella speranza di riuscire a mettersi in contatto con i figli… È un déja vu. È già successo. Solo che ora non fa freddo, non piove come a ottobre, fa molto caldo. E non hanno preso ostaggi: hanno ucciso subito. Mosca, 5 luglio: attentato terroristico con “bombe viventi”. Come in Israele. Hanno fanno saltare in aria un gruppo di ragazzi che andavano a un festival rock.

E non solo come in Israele, ma proprio come è già successo in Cecenia: il 27 dicembre, il 12 e 14 maggio… e ancora… e ancora. È il sesto attacco terroristico kamikaze negli ultimi otto mesi! È troppo poco per preoccuparsi? E le autorità? Anche per loro è ancora troppo poco, non basta per cambiare finalmente politica in Cecenia, mettere fine alle esecuzioni senza processo, all’anarchia militare, alle sparizioni delle persone come nel 1937, per avviare dei negoziati e smilitarizzare la repubblica?

La lista si allunga

Si profila una risposta triste: per molti di noi come per le nostre autorità è ancora troppo poco, non basta. La società russa ha avuto un atteggiamento molto superficiale rispetto agli avvenimenti degli ultimi mesi in Cecenia. Il motivo è uno solo: tutti gli attentati suicidi sono stati compiuti in Cecenia, e i russi reagiscono fiaccamente, con leggerezza e mancanza di serietà: si ammazzino pure tra loro, purché ci lascino in pace.

Al potere questa superficialità piace moltissimo, e non prova nemmeno a riflettere sul fatto che, a causa dell’ossessione politica di fare terra bruciata, negli ultimi mesi si sono moltiplicati quanti vogliono farsi saltare in aria per vendetta.

Nella nuova fase dello scontro russo-ceceno, caratterizzata da un’evidente palestinizzazione del conflitto, il potere invece di organizzare tutti i brain storming necessari, invece di mettere a punto una politica diversa per la Cecenia al posto di quella miserabile e pericolosa di oggi, si è messo a negare la realtà, dicendo che sono tutte invenzioni, che stanno seguendo la strada giusta: il processo politico, la nuova costituzione, il governo del nostro “Yasser Arafat”, il presidente ceceno filorusso (corrotto e sanguinario) Akhmat-Khadzhi Kadyrov…

La conseguenza dell’ottusità politica degli ultimi mesi sono i 16 morti dell’attentato del 5 luglio al festival rock. Questi 16 giovani cadaveri spingeranno le nostre autorità a riflettere e a cambiare quella politica chiamata “lotta contro il terrorismo internazionale con alcuni costi da pagare”? Se la risposta è no, ci aspettano solo altri funerali sullo sfondo dei fuochi artificiali della campagna elettorale. Considerando l’inerzia e l’impotenza intellettuale delle autorità, un nuovo attentato terroristico è praticamente inevitabile.

Sul palco si continuava a cantare. Il concerto non è stato interrotto, per sfida al nemico. Sull’asfalto arroventato giacevano resti di corpi umani lacerati e irriconoscibili. In lontananza le mamme che non avevano ancora trovato i loro figli erano scosse dai singhiozzi.

Internazionale, numero 496, 10 luglio 2003

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