06 novembre 2017 11:45

È quello che si definisce un uomo deciso. Nominato principe ereditario e vice primo ministro dell’Arabia Saudita il 21 giugno scorso all’età di 31 anni, Mohammad bin Salman al Saud ha fatto arrestare il 5 novembre decine di ex ministri e quattro ministri in carica con l’accusa di corruzione.

Il principe ha agito in virtù di un decreto con cui suo padre il re, di 81 anni, aveva creato poche ore prima una commissione anticorruzione di cui ha affidato la presidenza al figlio. È un’azione che fa sorridere, perché in Arabia Saudita la corruzione è un’industria nazionale in cui la famiglia reale è la principale azionista mentre ministri e alti funzionari sono i piccoli proprietari. Ma al di là di un manipolo di capri espiatori, la situazione attuale è la conferma di un grande cambiamento in corso a Riyadh.

Detto “MbS” dai suoi giovani sostenitori dell’élite saudita, Mohammad bin Salman vuole risvegliare il suo paese, capofila del mondo sunnita, prima che l’Iran lo eclissi del tutto diventando la potenza dominante e insuperabile in Medio Oriente in quanto capofila del mondo sciita da quando l’intervento americano ha piazzato la maggioranza sciita ai comandi del paese.

Modernizzare il paese
Teheran controlla anche la Siria dopo che il regime Assad ha ripreso il controllo del paese grazie al suo sostegno militare e a quello dei russi. Inoltre è molto potente a Beirut grazie a Hezbollah, tanto che il primo ministro libanese, il sunnita Saad Hariri, si è appena dimesso confessando di temere per la propria vita.

Oggi l’Iran è la potenza in ascesa del Medio Oriente, e Mohammad bin Salman ha capito che la sua dinastia non può raccogliere il guanto di sfida senza uscire dall’improbabile arcaismo in cui vegeta da decenni. È per questo che ha autorizzato le donne a guidare l’auto, vuole finanziare una transizione postpetrolifera privatizzando parte del settore pubblico, ha scatenato la lotta alla corruzione per eliminare i rivali e ha dichiarato, lo scorso 24 ottobre, davanti a una platea di investitori stranieri, che “non trascorreremo altri trent’anni ad adattarci alle idee estremiste”. “Vogliamo distruggerle immediatamente”, ha aggiunto, promettendo che costruirà un’Arabia “moderata, aperta e tollerante”.

Dettata dalla preoccupazione per i suoi interessi, la sincerità di bin Salman non significa che il principe si trasformerà in un paladino della democrazia o che vincerà la sua scommessa. Questo autocrate modernizzatore elimina tutti quelli che potrebbero minacciarlo, a destra come a sinistra. E se avanza così spedito è solo perché ha paura (a ragione) di un contraccolpo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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