06 marzo 2018 12:06

L’Italia uscita dalle urne il 4 marzo è ingovernabile, e tale resterà fino a quando gli italiani non saranno chiamati a risolvere la crisi tornando a votare o, in alternativa, dopo che lunghi mesi di trattative avranno prodotto riavvicinamenti al momento improbabili.

In altre parole, le notizie sono pessime per la terza economia europea e per l’Unione stessa, di cui questo pasticcio non facilita certo il rilancio. Ma davvero possiamo parlare di catastrofe?

L’avanzata dell’estremismo
Cominciamo dai motivi di preoccupazione. In un momento in cui il mondo avrebbe bisogno di un’Europa forte e capace di pesare sulla scena internazionale, le elezioni italiane confermano la crisi delle due grandi forze politiche che avevano strutturato lo scacchiere nazionale e paneuropeo dalla fine della seconda guerra mondiale. La socialdemocrazia e la democrazia cristiana perdono elettori a ogni scrutinio.

È senz’altro un fenomeno grave, perché (fatta eccezione per la Francia macronista) le forze che dovrebbero sostituirle sono ancora in fase embrionale. Si è creato un vuoto, un vuoto che ci indebolisce tutti e ci indebolirà a lungo.

Il secondo motivo di preoccupazione è che le nuove estreme destre, con un 20 per cento medio dei voti, si inseriscono negli scacchieri politici. Un po’ ovunque, laddove la destra crede di resistere all’avanzata dell’estremismo impossessandosi dei suoi slogan, in realtà fa avanzare gli estremisti, come abbiamo appena visto a Roma.

Il fallimento di Le Pen ha aperto gli occhi di molti nell’Unione

Ma passiamo ai motivi per non gridare alla fine del mondo. Il primo è che il fascismo non conquista Roma, dove l’estrema destra ha comunque meno voti del Front national in Francia. Il secondo motivo è che gli italiani sono talmente poco inclini a seppellire l’unità europea che il Movimento 5 stelle, diventato il primo partito d’Italia sull’onda dello slogan “vaffanculo”, ha passato le ultime settimane a fare marcia indietro dall’euroscetticismo della prima ora abbandonando qualsiasi idea di uscita dall’euro.

Il fallimento di Le Pen ha aperto gli occhi di molti nell’Unione. In Europa non esiste una maggioranza decisa a seguire l’esempio britannico e forse questa maggioranza non c’è nemmeno nel Regno Unito, perché davanti a Trump, a Putin e al caos mediorientale gli europei sentono il bisogno di serrare i ranghi.

Non è tutto da buttare via, ma le responsabilità di Emmanuel Macron e di Angela Merkel dal 4 marzo sono aumentate, perché l’Ue si ritroverebbe presto al capolinea se “l’Europa che protegge” non prendesse rapidamente corpo con una difesa, una fiscalità, investimenti e sorveglianza delle frontiere comuni, ovvero paneuropei.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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