14 giugno 2018 11:51

I pronostici dovrebbero essere tutti dalla sua parte. RecepTayyip Erdoğan controlla gran parte delle televisioni turche che trasmettono tutti i suoi discorsi e ogni suo gesto, mentre i candidati dell’opposizione quasi non esistono sugli schermi. Dato che la situazione economica rischia di peggiorare, il capo dello stato turco ha deciso di anticipare le elezioni presidenziali, che si terranno il 24 giugno.

Con una popolarità ancora consistente – al potere dal 2003, Erdoğan è stato a capo della Turchia durante un lungo periodo di stabilità politica e grande crescita – la sua rielezione dovrebbe essere scontata, ma non è così.

L’elezione di Erdoğan resta assolutamente possibile, ma non è certa. Il “sultano”, come lo chiamano a Istanbul, rischia di essere battuto alle elezioni (o quanto meno di essere messo in serie difficoltà) perché in questo momento tutto sembra remargli contro. La lira turca continua a perdere terreno perché le famiglie e gli investitori non hanno più fiducia nella solidità di un’economia che perde colpi sempre più rapidamente. A prescindere dall’anticipazione del voto, Erdoğan affronterà elettori preoccupati per il loro tenore di vita. Ma non è tutto.

Non possiamo dimenticare che il potere usura, perché non si resta primo ministro e poi presidente di un paese per 15 anni senza conseguenze. Erdoğan deve fare i conti con le fratture all’interno del suo partito, l’Akp, una formazione d’origine islamista ma diventata nel corso degli anni talmente diversificata che molti dirigenti non apprezzano la deriva autoritaria del loro capofila.

Soprattuto bisogna tenere conto dell’eccezionale qualità degli altri candidati. Erdoğan dovrà vedersela con Muharrem Ince del partito laico, che si rifà a Kemal Ataturk, padre della repubblica; con Meral Akşener, nazionalista e credente ma senza velo e paneuropea militante; e infine con Selahattin Demirtaş dell’Hdp, Partito democratico dei popoli, eroe non soltanto dei curdi ma anche delle classi medie, che conduce la sua campagna dalla prigione dove è rinchiuso da un anno e mezzo.

La concorrenza è molto forte, ricca e variegata. Non è escluso che Erdoğan debba affrontare un secondo turno l’8 luglio. A quel punto tutto diventerebbe possibile, anche perché il fronte composto da diverse correnti dell’opposizione porterebbe a vincere le legislative che si terranno contemporaneamente al primo turno delle presidenziali. La tensione è tanto più grande se pensiamo che finora Erdoğan non ha mai avuto bisogno di ricorrere ai brogli elettorali, una pratica che non si può certo improvvisare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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