03 novembre 2021 10:05

A metà ottobre Ted Cruz, che rappresenta il Texas al senato degli Stati Uniti, ha fatto questa dichiarazione: “Abbiamo tutti di fronte gli stessi ostacoli, a cominciare da una sinistra aggressiva e globale, che vuole distruggere le istituzioni nazionali e religiose che amiamo”. Niente di speciale nelle sue parole, verrebbe da pensare. Il fatto però è che non si stava rivolgendo a una sezione locale del Partito repubblicano in Texas o a una testata conservatrice statunitense: stava parlando, in videochiamata, a migliaia di persone che si erano riunite a Madrid per un congresso di Vox, partito spagnolo di estrema destra. Era solo l’ultimo di uno dei recenti tentativi della destra statunitense di mettersi in contatto con l’estrema destra di altri paesi, una dinamica che sembra essersi rafforzata da quando Donald Trump non è più al potere.

Significa che la cosiddetta “internazionale populista”, tante volte annunciata negli ultimi anni, alla fine sta prendendo forma? E sarà il movimento conservatore statunitense a guidarla? Oppure si tratta più di una questione di politica interna che di dominazione globale?

Non sorprende che molti politici degli Stati Uniti abbiano stabilito contatti con gruppi di estrema destra, visto che in quel paese il movimento conservatore – a cominciare dal Partito repubblicano – copre un’ampia gamma di sfumature ideologiche, comprese quelle della destra radicale. Esistono almeno quattro reti internazionali d’estrema destra con cui i “conservatori” statunitensi hanno stabilito dei rapporti.

Ungheria terra promessa
La prima e più importante è la destra cristiana globale. La destra cristiana statunitense ha avuto per molto tempo un ruolo importante a livello internazionale, ed è stata particolarmente attiva in Europa dopo la fine della guerra fredda (un fenomeno descritto dalla serie tv The family). Di recente ha ottenuto il sostegno influente del presidente russo Vladimir Putin e del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Di recente Mike Pompeo, vicepresidente durante il mandato di Donald Trump, ha tenuto un discorso al “vertice demografico” di Budapest, invitato da Orbán. Oltre a lui partecipavano accademici, leader religiosi e politici di tutto il mondo, tra cui Éric Zemmour, possibile candidato alla presidenza francese.

Budapest è anche la terra promessa della seconda rete, il cosiddetto movimento del “conservatorismo nazionale”, creato dal filosofo israeliano Yoram Hazony. Volendo semplificare, è una sorta di estrema destra per le persone che leggono: un tentativo di fondere ideologie in parte convergenti – quella conservatrice e quella d’estrema destra – per creare un movimento radicale adatto all’élite culturale, economica e politica. Tucker Carlson, presentatore televisivo di Fox News, ha tenuto il discorso d’apertura al vertice di questo movimento a Washington nel 2019, e di recente ha portato il suo programma tv a Budapest, dove ha elogiato Orbán e il suo regime.

La terza rete riguarda i legami di lunga data tra alcuni repubblicani d’estrema destra e i “soliti sospetti” dell’estrema destra europea, come il Partito della libertà austriaco (Fpö) o il Rassemblement national (Rn) francese, costruiti su un nucleo ideologico condiviso di nativismo, autoritarismo e populismo. I legami tra l’estrema destra europea e i membri repubblicani del congresso degli Stati Uniti sono vecchi di decenni. Basta pensare a personaggi come Steve King, repubblicano dello Iowa, e Dana Rohrabacher, repubblicana della California. Con l’avvento di Donald Trump il loro peso nel partito si è ridotto, e hanno entrambi perso il seggio. È in questo gruppo che Steve Bannon, ex collaboratore di Donald Trump, ha creato l’organizzazione politica The movement, che in realtà non ha mai preso piede.

E infine c’è Vox, il partito spagnolo che ha ospitato un intervento di Cruz. Senza che quasi nessuno se ne accorgesse, Vox ha costruito una rete conservatrice d’estrema destra nel mondo ispanofono, in parte aiutato dalla fondazione del partito, Dineso. Interessata perlopiù all’America Latina – e strettamente connessa alla storica battaglia contro il “comunismo” e a favore della cristianità conservatrice della destra latinoamericana – la fondazione ha pubblicato una “carta di Madrid”, firmata da più di cento politici e attivisti europei e del continente americano, tra cui gli attivisti conservatori statunitensi Daniel Pipes (molto critico contro l’islam) e Grover Norquist (contro le tasse), oltre a una serie di parlamentari latinoamericani. All’incontro in cui è intervenuto Cruz partecipavano vari dirigenti dell’estrema destra europea, come Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e André Ventura del partito portoghese Chega.

Naturalmente queste reti internazionali convergono su molte questioni, in particolare nella loro comune opposizione alla “sinistra globale” ma anche, con diverse gradazioni, all’immigrazione, all’islam e all’“ideologia gender”. Ma sono anche in disaccordo su questioni centrali, dall’importanza della dottrina religiosa al ruolo della Russia, e di conseguenza stringono alleanze molto diverse e mutevoli. E hanno posizioni diverse sul movimento conservatore statunitense all’interno della rete.

Se si esclude la destra cristiana, che ha a lungo dominato il movimento globale, gli Stati Uniti non giocano un ruolo di primo piano in queste reti. La rete del “conservatorismo nazionale” è diretta da un israeliano e sempre più finanziata da ungheresi. Inoltre i vari repubblicani statunitensi che hanno recentemente partecipato a questi incontri sembrano usare le loro connessioni internazionali più per calcoli di politica interna – in particolare nella sfida per la nomination repubblicana alle presidenziali del 2024 (se Donald Trump non dovesse candidarsi) – che nell’ottica della costruzione di un’internazionale populista.

Questo non vuol dire che gli sviluppi recenti non siano interessanti. Prima di Trump solo una frangia relativamente ridotta di conservatori aveva legami espliciti con l’estrema destra internazionale. Oggi i legami tra il più ampio movimento conservatore statunitense e l’estrema destra internazionale sono sotto gli occhi di tutti, e le voci contrarie sono sempre meno. Ma nonostante questo il movimento conservatore statunitense, impregnato di eccezionalismo statunitense, continua a interessarsi perlopiù di questioni nazionali, e usa i rapporti e gli eventi internazionali principalmente in una logica di lotte politiche interne. Per ora l’Internazionale populista rimane più una montatura dei mezzi d’informazione che una realtà politica.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul Guardian.

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