09 ottobre 2009 14:48

Il 10 marzo l’esorcista in capo del Vaticano, padre Gabriele Amorth (che ricopre l’impegnativo incarico da ben venticinque anni), ha dichiarato che “il Diavolo alberga in Vaticano” e che “quando si parla di ‘fumo di Satana’ nelle Sacre stanze è tutto vero. E sono vere anche queste ultime storie di violenze e di pedofilia”. A proposito delle recenti rivelazioni sulla complicità del Vaticano nello scandalo infinito delle violenze sessuali su minori, qualche giorno dopo il portavoce della Santa Sede ha fatto un’ammissione mascherata da smentita.

È evidente, ha detto padre Federico Lombardi, che “negli ultimi giorni vi è chi ha cercato… elementi per coinvolgere il Santo Padre nelle questioni degli abusi”. E poi ha proseguito, stupidamente, dichiarando che “questi sforzi sono falliti”. Ha sbagliato due volte. Primo perché nessuno ha dovuto sforzarsi per trovare quegli elementi: sono venuti a galla da soli. Secondo perché il fatto che lo spaventoso scandalo investa i massimi livelli della chiesa era inevitabile visto che il conclave dei cardinali ha eletto vicario di Cristo in terra il principale responsabile degli insabbiamenti.

Siamo di fronte a due questioni distinte ma collegate. Primo, la responsabilità individuale del papa in un singolo caso di quest’incubo morale. Secondo, la sua responsabilità più generale per il complesso delle violazioni commesse e per la vergogna che le accompagnano. La prima vicenda è facile da ricostruire e non è stata smentita. Nel 1979 un undicenne tedesco poi identificato come Wilfried F. fu portato in vacanza in montagna da un sacerdote. Dopodiché gli fu somministrata una bevanda alcolica, fu chiuso a chiave nella sua stanza, denudato e costretto a succhiare il pene del suo confessore. Per decisione dell’allora arcivescovo Joseph Ratzinger, il sacerdote colpevole fu trasferito da Essen a Monaco per essere sottoposto a una “terapia”, e furono date garanzie che non gli sarebbero mai più stati affidati dei bambini. Ma non molto tempo dopo il vice di Ratzinger, il vicario generale Gerhard Gruber, lo restituì al suo impegno “pastorale” e lui riprese la sua carriera di aggressioni sessuali.

Naturalmente si dice che Ratzinger non sapesse nulla di questo secondo scandalo. Cito in proposito il reverendo Thomas Doyle, un ex dipendente dell’ambasciata della Santa Sede a Washington che fu tra i primi a criticare la lentezza della chiesa nel reagire alle accuse di violenze sessuali sui bambini: “Sciocchezze”, ha detto Doyle. “Papa Benedetto è un perfezionista. È della vecchia scuola: una cosa del genere gli sarebbe stata riferita. Trovino una linea di difesa migliore”.

Sono purtroppo fatti noti e arcinoti ai cattolici americani, australiani e irlandesi: ci sono denunce scrupolose di stupri e torture inflitte ai bambini e del loro insabbiamento, avvenuto spostando stupratori e aguzzini da una parrocchia all’altra.

Ma molto più grave è il ruolo svolto da Joseph Ratzinger nell’ostacolare la giustizia, prima che la chiesa decidesse di farne il suo capo supremo. Dopo la promozione a cardinale, Ratzinger è stato messo alla guida della Congregazione per la Dottrina della fede (già nota come Inquisizione). Nel 2001 papa Giovanni Paolo II affidò a quella Congregazione le indagini sugli stupri e sulle torture inflitte a bambini dai sacerdoti. Nel maggio di quell’anno Ratzinger mandò a tutti i vescovi una lettera confidenziale in cui ricordava la gravità estrema di un crimine: la denuncia degli stupri. Di quelle accuse, scriveva Ratzinger, si poteva trattare solo entro l’esclusiva giurisdizione della chiesa, ed era proibito informare l’autorità giudiziaria o la stampa di fatti presunti o provati. Le indagini sulle accuse andavano condotte “nella massima segretezza… sotto il vincolo del silenzio perpetuo… e ciascuno… deve mantenere il più rigoroso segreto, che è comunemente considerato un segreto del Sant’Uffizio… pena la scomunica”. E questa sarebbe la chiesa che ci mette in guardia contro il relativismo morale!

La voce successiva di questo spaventoso elenco è il riaffiorare delle accuse mosse molto tempo fa contro il reverendo Marcial Maciel, fondatore del movimento ultrareazionario dei Legionari di Cristo, tra i quali sembra che le violenze sessuali facessero quasi parte integrante della liturgia. Negli anni novanta Ratzinger ignorò le denunce di alcuni ex appartenenti a questa congregazione amante della segretezza, perché padre Maciel era stato definito dall’allora papa Giovanni Paolo II “guida efficace della gioventù”.

Ecco i frutti di questa lunga campagna di insabbiamento. La chiesa cattolica è guidata da un mediocre burocrate bavarese che era stato incaricato di mettere a tacere i crimini più gravi. Ma è stato così incapace nella sua missione da apparire oggi addirittura come colui che ha la responsabilità, personale e professionale, di aver permesso un’immonda serie di crimini. Ratzinger sarà anche un uomo ordinario, ma tutta la sua carriera emana miasmi maligni. Un male tenace e sistematico, che nessun esorcista può sconfiggere. Qui non servono incantesimi medievali. Bisogna fare giustizia, e anche rapidamente.

*Traduzione di Marina Astrologo.

Internazionale, numero 840, 9 ottobre 2009*

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