19 settembre 2018 15:02

È sicuro che certe parole correnti della politica dicono davvero quello che sta succedendo? O le usiamo per spaventarci meno di quanto dovremmo? Cosa c’è, per esempio, dietro sovranismo? Un popolo con la barba bianca e la corona in testa? E dietro populismo? Un parlare di bisogni degli italiani con toni barricaderi, un eccesso di male parole, un promettere la luna quando in tasca non si hanno nemmeno tre soldi? E l’antieuropeismo cos’è, rinforzare lo steccato, contemplare la propria erba e adoperarsi per renderla più verde di quella del vicino?

Forse è tempo di dire più esplicitamente che dietro il sovranismo c’è un nuovo nerissimo nazionalismo con spruzzatine di socialismo per poveri bianchi, punto d’arrivo dello sdoganamento dei vecchi fascismi. Forse bisogna dire più esplicitamente che dietro il populismo c’è la scoperta rancorosa che il popolo non si lascia più orientare da noi – visto che l’abbiamo ridicolizzato con espressioni tipo popolo delle primarie e affini – ma da altri che, come in tutti i tempi di crisi, promettono il giardino dell’eden chiavi in mano.

Forse bisogna dire più esplicitamente che dietro l’antieuropeismo non c’è il ritorno alle conchiglie come moneta di scambio, ma – occhio all’Austria, occhio alla Germania, occhio al sud come al nord – un bisogno di pulizia e polizia, di divise e gerarchie, di resurrezione imperiale.

Questa rubrica è uscita il 21 settembre 2018 nel numero 1274 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati

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