09 marzo 2015 12:54

Le casse della Lega sono vuote? Non importa. La campagna elettorale per Matteo Salvini è condotta dai talkshow di tutte le emittenti, tutti i giorni e a tutte le ore. Settantacinque presenze in due mesi documentano una sovraesposizione assolutamente anomala per un rappresentante dell’opposizione. Ciononostante, la poderosa macchina della sua campagna populista si è già inceppata. La profonda spaccatura tra Salvini e Fabio Tosi dimostra chiaramente che la Lega non è affatto un partito risorto, rinnovato e unito, ma una formazione politica dove affiorano continuamente le vecchie beghe come quella tra veneti e lombardi e quella tra il governatore della regione Veneto Luca Zaia e il sindaco di Verona Flavio Tosi.

La prova è il ridicolo ultimatum che obbliga Tosi a decidere tra la tessera della Lega e la propria fondazione “Ricostruiamo l’Italia”. Se il capo della Liga veneta fosse espulso, potrebbe correre con una sua lista alle regionali che, secondo i sondaggi, potrebbe arrivare fino al 10 per cento. Ma è difficile che possa impedire il successo del governatore uscente. Tre consiglieri regionali vicini a Tosi hanno già lasciato il gruppo della Lega e altrettanto potrebbero fare, nel caso di espulsione, cinque o sei parlamentari, facendo perdere alla Lega il gruppo alla camera.

Un compromesso appare difficile. Inoltre Salvini si vede costretto a rinunciare a parecchi comizi che, per paura di contromanifestazioni, sono blindati da centinaia di poliziotti. Quasi la metà degli italiani giudica la manifestazione di piazza del Popolo a Roma un “evento senza importanza”. A quattro settimane dal termine per la presentazione delle liste le possibili alleanze sono nel caos in tutte le sette regioni dove si vota. Quella della Liguria per Salvini è addirittura “una battaglia nazionale”: “Se vinciamo qui, un’ora dopo Renzi si dimette, andiamo a votare e liberiamo tutta l’Italia e non solo la Liguria”. Sono le stesse megalomanie di Grillo.

A Forza Italia Salvini un giorno apre la porta per sbatterla il giorno dopo. Al suo appello hanno risposto solo i Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni, che soffre della stessa smisurata autostima del leader leghista. I due populisti di destra hanno una preoccupazione in comune: devono far dimenticare la loro alleanza con Silvio Berlusconi. La Lega ha governato per dieci anni con il Cavaliere, portando il paese sull’orlo del colasso economico. E Meloni è stata addirittura ministra del governo Berlusconi, sponsorizzata da Gianfranco Fini (”Che delusione”). Di lei ricordiamo bene la previsione alle ultime europee: “Potremmo arrivare all’8 per cento”. Ma si sono fermati sotto la soglia di sbarramento del 4 per cento.

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