23 settembre 2014 11:50

Bruce Springsteen a Charlotte, il 19 aprile 2014. (Jeff Siner, Charlotte Observer/Mct/Getty Images)

Oggi Bruce Springsteen, il più grande performer vivente, compie 65 anni. Non è più un ragazzino, ma se avete avuto la fortuna di vederlo dal vivo negli ultimi anni saprete che è ancora in ottima forma.

Springsteen è stato un gigante nella musica americana degli ultimi quarant’anni, a volte perfino sottovalutato e un po’ ingiustamente snobbato (non piace agli hipster, per dirne una). Per festeggiarlo ho messo insieme una playlist di dieci canzoni. Vista la quantità di materiale a disposizione, ho fatto delle scelte volutamente parziali, senza la pretesa di riassumere una carriera così importante.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Thunder road

Se mi chiedessero di scegliere una sola canzone di Springsteen, puntandomi una pistola alla testa, direi Thunder road. Perché, semplicemente, qui c’è dentro tutto il meglio del Boss. Il sogno americano, il fallimento del sogno americano, la working class e il suo disperato ottimismo. C’è il rock, c’è il soul, c’è il pop. Tra tutte le versioni di Thunder road, oltre a [quella imprenscindibile][1] che apre l’album Born to run, scelgo questa all’Hammersmith Odeon di Londra, nel 1975, intima ed emozionante.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

The promise

Se Thunder road è il sogno, The promise è la dura realtà. Ispirata alla lunga battaglia legale con l’ex manager Mike Appel, fu registrata per Darkness on the edge of town. Ma era talmente intensa e autobiografica che lo stesso Springsteen ne ebbe quasi paura e decise di pubblicarla solo molti anni dopo, nel 1999. Se in Thunder road Springsteen era un’aspirante rockstar in cerca di gloria, in The promise appare già come un uomo schiacciato dal peso della sua fama, in lotta per mantenere la sua integrità artistica.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Iceman

Molti venderebbero l’anima al diavolo pur di scrivere Iceman. Springsteen invece, dopo averla registrata e poi esclusa (anche questa) da Darkness on the edge of town, s’era addirittura dimenticato della sua esistenza. L’ha riscoperta solo molti anni più tardi, quando ha deciso di inserirla nella compilation Tracks. Uno dei suoi brani più cupi di sempre.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

This hard land

Springsteen è forse l’ultimo vero erede di quella tradizione di cantautori statunitensi che parte da Woody Guthrie, passa per Pete Seeger e Willie Nelson e sfocia in Bob Dylan. This hard land dimostra perché. Registrato durante le session di Born in the U.S.A., e poi incredibilmente scartato, è un bellissimo brano a cavallo tra folk, rock e country.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Spirit in the night

Ecco Bruce in età giovanile. Questa trascinante Spirit in the night, suonata all’Ahmanson Theatre di Los Angeles nel gennaio del 1973, è uno dei brani più belli del suo primo disco, Greetings from Asbury Park, N.J.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Rosalita (Come out tonight)

Uno dei pezzi più divertenti, autoironici e sensuali di Springsteen. Pubblicato sul suo secondo album, The wild, the innocent and the E Street shuffle, rappresenta bene la sua fase prima della grande fama e dei concerti negli stadi.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Badlands

Scritta rubando il riff di Don’t let me be misunderstood, come ha ammesso [lo stesso Springsteen][2], è il brano che apre Darkness on the edge of town e ed è uno dei più amati nei concerti del Boss. Questa versione, suonata a Barcellona nel 2002, è tra le più intense.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Atlantic city

Altro brano cupo, ma molto poetico. Registrato da Springsteen in solitaria nella sua camera da letto per il disco Nebraska, parla di una tragica storia d’amore, turbata da debiti di gioco e dallo spettro della criminalità organizzata.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Born in the U.S.A.

Come si fa a fare una playlist su Bruce Springsteen e non metterci Born in the U.S.A.? Non si può, dai. Anche per sfatare una volta per tutte, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, il falso mito della Born in the U.S.A. nazionalista e repubblicana. [Leggetevi il testo][3], se non l’avete mai fatto, e poi ne riparliamo. Una moderna canzone di protesta.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Stayin’ alive

Visto che è il compleanno di Springsteen, concediamoci un finale frivolo. Registrata neanche un anno fa in Australia, questa cover dei Bee Gees mostra che il vecchietto ha ancora parecchio da dire. Più di molti ragazzini.

Se volete ascoltarvi la playlist su Spotify, ecco il link.

Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it