20 gennaio 2011 00:00

Juan Villoro, Il libro selvaggio

Salani, 218 pagine, 13,00 euro

Il messicano Villoro è noto ai lettori di Internazionale per la sua attività giornalistica, meno ai lettori italiani per le qualità di scrittore originale e raffinato, radicato in una tradizione culturale che ha i suoi capisaldi in Borges e soprattutto in Cortázar, e negli europei Calvino, Queneau, Perec. E naturalmente in Bolaño, con cui Villoro ha condiviso amori e ripulse.

Il libro selvaggio non copre la vastità della sua produzione, ma è un romanzo molto originale e che si legge d’un fiato, a cavallo tra letteratura per adulti e per ragazzi. È un romanzo di esplorazione (in una biblioteca dove i libri vivono di vita propria, “patria” del bizzarro “zio” dickensiano del protagonista).

Ha pochi personaggi, tutti simpatici. Ed è sicuramente il migliore dei tanti libri che propagandano l’oggetto libro perché, estraneo al discorso della merce, lo considera come qualcosa di vivo e di autonomo, che solo se ha qualcosa da dire trova il suo destino (destinatario) oltre la merce. È un romanzo di formazione in cui sono usati in modo divertente certi meccanismi propri del romanzo che in altri autori (vedi il famigerato Dan Brown) sono meccanici e stucchevoli. Il “libro selvaggio” è il libro della vita che ti viene incontro e che devi saper decifrare, conquistare e “scrivere”, se vuoi entrare nel tuo presente dalla porta della gaia scienza.

Internazionale, numero 881, 21 gennaio 2011

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it