La seconda guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina non è ancora cominciata, e su quanto spietata sarà rispetto alla prima potrebbe influire la presenza di un amico di Pechino alla Casa Bianca: Elon Musk. L’imprenditore di origini sudafricane, e uomo più ricco del mondo, ha intessuto con la Cina interessi economici e rapporti politici che lo rendono una presenza tutt’altro che neutrale al fianco di Donald Trump.
Nel 2019 Musk ha costruito a Shanghai, su un terreno ottenuto in concessione per cinquant’anni, la più grande delle sue Gigafactory, come si chiamano i megaimpianti dove viene costruita la Tesla (gli altri sono in California, in Germania, in Texas e in Nevada). Contrariamente a quel che succede di solito alle aziende straniere in Cina, lo stabilimento è al 100 per cento di proprietà della Tesla, e non una comproprietà con un’azienda locale.
La fabbrica, operativa dall’ottobre 2019, ha sfornato nel 2024 950mila auto, la metà di quelle prodotte a livello mondiale. E la Cina è anche il secondo mercato per l’auto elettrica di Musk, e conta per il 35-40 per cento delle vendite totali. A Shanghai l’azienda nei prossimi mesi metterà a regime un nuovo impianto di assemblaggio di batterie agli ioni di litio e, secondo gli analisti, sarà principalmente cinese la catena di approvvigionamento di Optimus, il robot umanoide che la Tesla sta mettendo a punto e che dovrebbe cominciare a produrre quest’anno.
La presenza della Tesla in Cina è stata determinante per far decollare il settore dei veicoli elettrici, che sta vivendo un boom nel paese (nel 2025, dieci anni prima del previsto, i veicoli elettrici supereranno quelli a benzina e diesel). Come spiega Cizzy Zhou su Nikkei Asia “Musk ha contribuito a creare l’industria cinese dei veicoli elettrici portando nuove tecnologie e formando molti tecnici specializzati. Da quando la gigafactory è diventata operativa, è diventata il fulcro di un fiorente ecosistema di fornitori di componenti cinesi. Questa rete, spesso indicata come la ‘catena di approvvigionamento di quattro ore’ di Tesla, si estende su varie città intorno a Shanghai. Ora, oltre il 95 per cento della catena di approvvigionamento dello stabilimento è in Cina e quasi tutti i 20mila dipendenti della gigafactory sono assunti localmente”. A livello politico Musk ha un legame speciale con il primo ministro Li Qiang, che risale all’epoca della fabbricazione del megastabilimento di Shanghai, quando Li era il segretario locale del Partito comunista cinese. Scrive Zhou che tra il 2019 e metà del 2020 la Tesla ha ricevuto un prestito a interessi bassi pari a 2,6 miliardi di euro da alcune banche statali cinesi. Alla vigilia dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, Musk, che si definisce “piuttosto favorevole alla Cina”, era tra gli imprenditori che hanno incontrato il vicepresidente cinese Han Zheng a Washington.
Un altro asset da non trascurare nelle mani di Elon Musk è la madre. Ex modella, nutrizionista e “influencer d’argento”, a 76 anni Maye Musk è molto amata dal pubblico cinese. Va in Cina quasi una volta al mese, invitata a eventi promozionali da vari brand di moda e cosmetica, e ha da poco pubblicato la versione in cinese del suo libro, A woman make a plan, a suo dire “un bestseller” nel paese. Oltre al merito di aver partorito e cresciuto l’uomo più ricco del mondo (e altri due miliardari, Tosca e Kimbal Musk), di lei piacciono il fatto che sia una donna indipendente che nella vita ha superato diverse difficoltà (il padre di Elon Musk è stato un marito violento), una ex casalinga diventata una modella di successo.
Come sottolinea sul Global Times Ding Gang, un opinionista del Quotidiano del Popolo – entrambi i giornali sono legati alla leadership di Pechino –, Musk non è certo il solo grande imprenditore statunitense ad avere importanti affari in Cina, a dimostrazione che, nonostante la retorica della guerra commerciale, la realtà è molto più sfaccettata e gli interessi dei due paesi intrecciati. “Tim Cook, amministratore delegato della Apple, è spesso in Cina. La produzione dell’azienda di Cupertino si basa sulle catene di approvvigionamento cinesi e i consumatori cinesi contribuiscono a quasi un quinto delle sue entrate globali. E anche se Amazon ha abbandonato il mercato cinese, attraverso la sua piattaforma ogni anno moltissimi venditori cinesi raggiungono con i loro prodotti il resto del mondo.
Anche l’attività pubblicitaria di Meta (proprietaria di Facebook) conta sul supporto delle aziende cinesi, perché molte di quelle che si occupano di e-commerce e giochi online arrivano sui mercati internazionali attraverso la sua piattaforma pubblicitaria. Queste aziende hanno realizzato profitti sostanziali in Cina, portando al contempo tecnologia, posti di lavoro e vitalità commerciale nel paese”. Detto questo, data la volubilità e l’imprevedibilità del personaggio, nessuno se la sente di scommettere sul fatto che Musk possa essere davvero una garanzia di buone relazioni tra Washington e Pechino e possa scongiurare la seconda guerra commerciale di Donald Trump.
Questo testo è tratto dalla newsletter In Asia.
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