14 settembre 2006 00:00

Complimenti! Le dieci settimane sono finite, avete completato anche la seconda fase del nostro corso, quella in cui dovevate raccogliere il materiale e scrivere scrivere scrivere. Probabilmente non avete scritto tanto quanto avreste voluto. È un problema? No.

Prefiggersi di scrivere un determinato numero di cartelle è un semplice traguardo ideale, qualcosa cui aspirare, come i buoni propositi per l’anno nuovo. Un obiettivo del genere serve solo a farvi scrivere cose che, altrimenti, non vi sarebbero mai venute in mente. È inutile tormentarsi se non lo si è raggiunto.

Adesso avete quello che potremmo definire “materiale grezzo”. Per quanto mi riguarda, si tratta di cinque o sei scene scritte senza badare allo stile, che non è ancora – come si suol dire – “pettinato”.

E in queste scene ci sono al massimo un paio di brani, di lunghezza variabile, che mi piacciono davvero e che vorrei includere, così come sono, nella versione finale del libro. Nel mio materiale grezzo ci sono anche dei paragrafi slegati, o addirittura delle singole frasi scribacchiate su foglietti volanti, su pagine che ho strappato dall’agenda mentre stavo sull’autobus, perché mi era venuta un’idea favolosa. E anche alcuni appunti e delle foto.

Il bello comincia adesso; è il momento che preferisco in assoluto. Scegliete una superficie piatta e ampia: un bancone, un tavolo o, se avete proprio tantissime cose, mettetevi direttamente per terra. Spargete tutto quanto, sedetevi e osservate.

Un bel casino, eh? Bene, mettiamo in ordine. Diciamo che c’è una scena che vi piace parecchio, quella in cui Tizia discute con Caio a proposito di Sempronio. Rileggetela e rifletteteci su. È una scena chiave, da piazzare, per esempio, intorno ai tre quarti del libro? O va benissimo come apertura perché è un ottimo catalizzatore che mette in moto l’intero romanzo?

Poi prendete un altro foglio, a caso. Ipotesi: il dépliant della Croazia preso quattro mesi fa in un’agenzia di viaggi perché vi era venuta l’idea che forse Tizia poteva andarci per lavoro, tra l’altro proprio nel momento in cui si rendeva conto di dover confessare a Sempronio la verità. Il viaggio va prima o dopo la discussione con Caio?

Insomma, quello che dovete fare è cominciare a sistemare le scene in fila, nell’ordine in cui potrebbero apparire nel libro. Si tratta semplicemente di disporle secondo una prima bozza di cronologia. Quando avrete sistemato tutto, non vi resterà altro che sedervi e guardare. In certi casi, bum! vi piomberà addosso l’ispirazione: quel pezzo, dove l’amante di Cortez s’innamora del traduttore portoghese, bisogna anticiparlo perché…

Pensate geniali come questa vengono più facilmente quando tutto è lì sparpagliato davanti a voi. Ma in quello stesso momento, inevitabilmente, saltano agli occhi anche le parti mancanti. Vi consiglio di prendere brevi appunti, su fogli sciolti, da inserire al posto dei buchi; limitatevi a scrivere cose generiche tipo “la nave affonda” o “Tom se ne va di casa”. Non importa se sono vaghi, basta che li mettiate nel punto in cui deve accadere quell’avvenimento.

E poi? Che ve ne fate di questa pila di eventi in ordine cronologico? Se possono restare sparsi senza dar fastidio a nessuno, o senza che il cane scappi via con un foglio in bocca, lasciateli lì per un po’, così avrete il tempo di meditare. Se non sono troppi, appendeteli alla parete. Io, spesso, mi soffermo a guardarli e faccio ulteriori divisioni: questi fatti succedono nella prima parte del libro, questi altri nella seconda e questi altri ancora nell’ultima.

Poi metto i tre mucchi in fondo alla scrivania. Notate bene: niente è inciso nella pietra e quindi, quando comincerete davvero, potrete sempre modificare l’ordine. Però prima di mettervi a fare gli abbinamenti, o a sistemare i mucchietti nelle buste o ad appenderli alla parete, concedetevi un istante di puro piacere. Lì, disteso davanti a voi, c’è il vostro romanzo.

Certo, è un casino. Verissimo, ha più buchi di una vecchia rete. Per metterlo insieme di sicuro dovrete lavorare come non avete mai lavorato in vita vostra e, accidenti, non abbiamo ancora affrontato il problema dello stile. Ma avete un’idea per un libro, e quest’idea ha una sua forma. Ora comincia il lavoro vero.

Internazionale, numero 659, 14 settembre 2006

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