04 maggio 2017 17:37

Cos’è. È un documentario di Michele Rho sul cinema Mexico e sul suo titolare, Antonio Sancassani. Il Mexico è l’unico cinema di Milano monoschermo con una programmazione indipendente. È una sala storica della città che ha resistito alla diffusione dell’home video, alla chiusura dei cinema in centro, all’apertura dei multisala, alla moltiplicazione dell’offerta televisiva e in rete. Dal 1977 in poi, mentre le logiche della grande distribuzione occupavano sempre più sale, Sancassani ha proposto musical, film in lingua originale, cinema meno ordinario per coinvolgere il pubblico giovane e appassionato. Quando ha scoperto il fenomeno del Rocky Horror Picture Show proiettato con spettacolo dal vivo e interazione attiva del pubblico, ha cominciato a dedicargli il venerdì, e sono 34 anni che va avanti.

La programmazione indipendente, cioè scegliere i film in modo autonomo e non lasciare che siano i distributori a piazzarli, significa per un esercente dimenticarsi le grandi prime visioni e scavare nel cinema più piccolo. Sancassani lo fa da anni con successo, dando respiro a film che altri trovano troppo rischiosi e facendoli fiorire. Quando dieci anni fa Giorgio Diritti cercava una distribuzione per il suo film Il vento fa il suo giro, ha incontrato Sancassani ed è approdato al Mexico, dove il film è rimasto in programmazione per due anni diventando uno di quei fenomeni che ci si aspetta da Brooklyn o Berlino. Il documentario è uscito giovedì 4 maggio in venti sale. La fotografia è di Marco Rossi, il montaggio di Walter Marocchi e le musiche di Dario Moroldo.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Com’è. Mexico! Un cinema alla riscossa è fatto di Sancassani, repertorio e testimoni. Sancassani è intervistato e ripreso nella sua attività quotidiana, dalle telefonate con i cineasti indipendenti che cercano di essere scelti, a quando va fisicamente a prendere un film dal distributore o verifica che tutto vada bene in sala; il repertorio comprende cinegiornali Luce, filmati di serate storiche al Mexico, articoli di giornale che raccontano passaggi importanti nella storia dei cinema e del suo rapporto con il pubblico; i testimoni sono i collaboratori, gli amici, gli estimatori della sala e del suo gestore (fra gli altri, Maurizio Porro, Paolo Mereghetti, Luca Bigazzi, Moni Ovadia, Claudio Bisio, pubblico e cast del Rocky Horror Show).

Stiamo parlando di un documentario semplice nella forma ma mai sciatto, e non così artigianale da diventare punitivo. È insomma godibile, abbastanza ritmato e non troppo lungo.

Perché vederlo. Non è per nostalgia o spirito di rivincita dei piccoli contro i giganti della distribuzione che questo documentario va visto. A mio parere la sua forza sta nel racconto di una visione del cinema che è estremamente pratica, onestamente a cavallo tra l’arte e il commercio, dove i due aspetti sono rispettati e curati con uguale perizia e passione. Antonio Sancassani non è un nobile condottiero che poeticamente lotta contro i mulini a vento e proietta film d’arte che non vede nessuno: è una persona che rende redditizi dei film con qualità e caratteristiche non compatibili con altri circuiti e altre logiche, e lo fa da anni conoscendo e rispettando il pubblico. Anche al di là della questione strettamente cinematografica, la figura di Sancassani, testardo e determinato, con la sua venerazione per il padre, le labbra rosse di Tim Curry come sfondo del telefono, l’abitudine di chiedere “Le è piaciuto il film?” a chiunque esca dalla sua sala, merita attenzione. Poi c’è un pezzo di storia del cinema che passa dalle parole dei testimoni, e anche Luca Bigazzi che spiega alcune ragioni finanziarie per cui il piccolo cinema italiano rischia così spesso di arrancare e fare schifo.

Perché non vederlo. Se non si ama il cinema con un po’ di passione, Mexico! Un cinema alla riscossa può essere poco interessante. È comunque un documentario che parla anche di quando il cinema era il passatempo di tutti e le sale del centro erano gonfie di pubblico, e lo fa ricordando gli anni passati. Quindi c’è anche un elemento di nostalgia che può risultare anacronistico.

Una battuta. Il cinema Mexico è veramente la ragione della mia vita.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it