11 ottobre 2018 11:15
La ministra degli esteri ruandese Louise Mushikiwabo a Kigali, il 19 marzo 2018. (Gabriel Dusabe, Xinhua/Zuma Wire/Ansa)

La battaglia di Erevan non avrà luogo. Il vertice dell’Organizzazione internazionale della Francofonia (Oif) si annunciava bollente, con due candidati a rivaleggiare per il ruolo di segretario generale e uno scontro de facto tra Francia e Canada. E invece all’ultimo momento la diplomazia ha trionfato: il Canada e la sua provincia del Québec hanno preferito evitare divisioni e hanno offerto la vittoria a Emmanuel Macron.

Si tratta però di una vittoria piena di ambiguità. In primavera il presidente francese ha preso l’intero mondo francofono di sorpresa decidendo di appoggiare la candidatura della ministra degli esteri del Ruanda, Louise Mushikiwabo, alla guida della Francofonia e degli 84 stati che ne fanno parte.

Michaëlle Jean, titolare canadese dell’incarico, era stata in effetti aspramente criticata, ma l’imposizione dei francesi non era stata gradita. Fino a martedì scorso, il Canada e il Québec hanno continuato a sostenere la loro candidata per un secondo mandato.

Appoggiata da Parigi e da gran parte dell’Africa, Louise Mushikiwabo ha dunque la vittoria in tasca. Ma in privato molti si interrogano sulla scelta della ministra ruandese.

A essere contestata è anche la natura autoritaria del regime di Paul Kagame, con pesanti ombre sui diritti umani e la libertà di stampa

Ex colonia belga e dunque francofono, il Ruanda ha scelto di voltare le spalle alla lingua francese dopo la conquista del potere da parte dell’Fpr, il partito dell’attuale presidente Paul Kagame. Il governo ruandese aveva addirittura aderito al Commonwealth per dimostrare di aver preso le distanze dalla Francia, accusata di essersi schierata con gli assassini durante il genocidio dei tutsi nel 1994. All’epoca, a Parigi, questa lettura “anglofoni contro francescani” aveva accecato alcuni dirigenti francesi provocando errori fatali.

Ma a essere contestata è anche la natura autoritaria del regime di Paul Kagame e dunque anche della sua ministra degli esteri, con pesanti ombre sui diritti umani e la libertà di stampa.

Con Louise Mushikiwabo alla guida dell’Oif, ci sono poche possibilità di vedere l’organizzazione francofona lottare per i diritti umani.

In cerca di una riconciliazione
Con questa scelta, Macron ha fatto una scommessa che va ben oltre l’organizzazione della Francofonia. Il presidente francese cerca prima di tutto di facilitare una riconciliazione con il Ruanda, con cui i rapporti sono tesi ormai da 25 anni a causa del ruolo svolto dalla Francia nel 1994.

A maggio Macron ha ricevuto a Parigi l’influente presidente ruandese Kagame, giocandosi la carta della nuova generazione politica senza legami con le pagine buie della Françafrique.

Ma il presidente francese ha soprattutto l’ambizione di rimettere Parigi al centro del gioco africano, convinto che lì sia in ballo una parte del futuro della Francia. È innegabile che la Francia abbia perduto peso in Africa, a beneficio soprattutto della Cina, e che paghi per gli errori del passato.

La riconquista dell’Africa, agli occhi di Emmanuel Macron, val bene la scommessa di un’elezione controversa a Erevan.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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