08 febbraio 2019 10:02

Nell’universo altamente codificato della diplomazia c’è una gradazione precisa della tensione. Il primo livello è la convocazione dell’ambasciatore del paese a cui si vuole esprimere il proprio malcontento, ed è ciò che il Quai d’Orsay, il ministero degli esteri francese, ha fatto lo scorso 21 gennaio con il rappresentante dell’Italia a Parigi. È raro, tra paesi alleati, ma non eccezionale.

Il secondo livello è il richiamo del proprio ambasciatore nel paese coinvolto, ed è ciò che la Francia ha fatto il 7 febbraio dopo la visita non annunciata e le dichiarazioni del vicepremier italiano Luigi Di Maio a margine del suo incontro a Montargis con i gilet gialli.

Un gesto forte, accompagnato da un comunicato durissimo del ministero francese, che ha ricordato come questa situazione “non ha precedenti dopo la fine della guerra”.

Diversi interrogativi
Prima di tutto è necessario relativizzare l’importanza di questa crisi, legata certamente al contesto delle elezioni europee di maggio e alla rivalità tra le due componenti della coalizione tra populisti ed estrema destra al governo in Italia. Il comunicato francese vi fa chiaramente riferimento dichiarando che “una cosa è avere divergenze, un’altra è strumentalizzare un rapporto a fini elettorali”. Resta comunque il fatto che la crisi solleva diversi interrogativi.

Il governo francese è convinto che Luigi Di Maio abbia oltrepassato il limite. Ricordiamo che stiamo parlando del leader del Movimento 5 stelle, una formazione populista fondata dal comico Beppe Grillo.

In questo caso siamo al di fuori delle pratiche accettabili tra democrazie europee alleate

Fin dai primi momenti di tensione, tanti si sono domandati cosa ci sia di diverso tra il sostegno accordato dalla coalizione italiana ai gilet gialli e le incursioni che avvengono a ogni tornata elettorale tra leader politici di paesi diversi. Non è forse l’obiettivo dell’Europa e del parlamento europeo quello di far emergere uno spazio politico transazionale che in altre circostanze è quasi impossibile?

Ma esiste una differenza evidente tra la partecipazione a un esercizio democratico trasparente e il sostegno a un movimento sociale al cui interno c’è chi contesta apertamente le istituzioni democratiche.

Un’alleanza tra una lista elettorale francese e i cinquestelle non sarebbe diversa tra l’alleanza che già esiste tra il Rassemblement national di Marine Le Pen e l’altro partito della coalizione italiana, la Lega di Matteo Salvini. Ma questo non giustifica né l’arrivo in Francia non annunciato né le dichiarazioni di Di Maio, che ha soffiato sul fuoco del conflitto sociale francese. In questo caso siamo al di fuori delle pratiche accettabili tra democrazie europee alleate.

Messaggio ricevuto
Il governo francese ha voluto alzare la voce nella speranza di fermare l’aumento della tensione. La reazione del 7 febbraio dell’altro vicepremier italiano, Matteo Salvini, che è sembrato voler attenuare la polemica, lascia pensare che il messaggio sia arrivato in Italia.

Ma è comunque probabile che la tensione durerà almeno fino allo scrutinio europeo, perché la sua prima causa è la rivalità tra la Lega e il Movimento 5 stelle in Italia, una concorrenza tra alleati che comporta un rilancio della componente “antisistema” e dunque il sostegno al movimento “antisistema” per eccellenza, i gilet gialli.

Il merito di questa minicrisi è quello di mostrare fino a che punto la spinta populista e di estrema destra in Europa abbia sfidato il gioco politico classico. A rischio, forse, di trascinare paesi vicini e amici nelle acque tempestose del nazionalismo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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