22 settembre 2020 12:16

Il covid-19 ha rovinato il 75º anniversario delle Nazioni Unite, ma anche senza la pandemia la festa sarebbe stata piuttosto triste, in un mondo che calpesta costantemente gli ideali che nel 1945 hanno dato vita all’organizzazione mondiale.

L’assemblea generale dell’Onu, in programma questa settimana, trasforma solitamente il palazzo di vetro di New York in un teatro in cui si sentono parlare tutte le lingue del mondo. Ma a causa della pandemia quest’anno l’evento consisterà in una lunga successione di video preregistrati dai capi di stato che nessuno ascolterà e di raccomandazioni che resteranno lettera morta.

Oggi non è solo il sars-cov-2 a ostacolare la missione delle Nazioni Unite, ma soprattutto gli stati che fanno parte dell’organizzazione, a cominciare dai più potenti. Il mondo è tornato ai tempi dei rapporti di forza tra potenze, a scapito del multilateralismo che consiste nel gestire in comune tutti i problemi.

Il risultato è che le Nazioni Unite sono impotenti nelle principali zone di conflitto (Siria, Yemen, Libia, Sahel) e nelle zone di forte tensione, come lo è attualmente Taiwan.

La storia delle Nazioni Unite dimostra che sono sempre ostacolate dai conflitti tra le grandi potenze

Per verificarlo basta osservare il comportamento di tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza: gli Stati Uniti, la Russia e la Cina hanno usato il diritto di veto decine di volte dopo il 1990 e la fine della guerra fredda, quasi sempre in modo ingiustificato e per proteggere i loro interessi, i loro alleati o i loro clienti anziché per favorire la pace comune come prevede la carta delle Nazioni Unite. Gli altri due membri permanenti, Regno Unito e Francia, possono quantomeno vantarsi di non aver mai usato il veto negli ultimi trent’anni.

Questa paralisi del sistema dell’Onu pervade ogni ambito. La rivalità sino-americana ha impedito per mesi al Consiglio di sicurezza di mobilitare le energie necessarie per affrontare il covid-19, e come se non bastasse Donald Trump ha annunciato, in piena pandemia, di voler ritirare gli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Anche la lotta contro il cambiamento climatico e quella contro la povertà, due missioni cruciali delle Nazioni Unite, sembrano subire gli effetti delle divisioni globali.

La storia delle Nazioni Unite degli ultimi 75 anni dimostra che a ostacolare il loro operato sono sempre i conflitti tra le grandi potenze. È dunque su questo piano che bisogna agire.

Nel suo videodiscorso trasmesso il 21 settembre, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che “la nostra casa comune è in disordine, così come il nostro mondo”. La Francia e l’Europa vogliono presentarsi come una forza di moderazione in un mondo tornato alla brutalità, ma non hanno i mezzi per imporsi.

All’inizio della sua storia, l’Onu ha subìto gli effetti della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che nel 1962 hanno sfiorato lo scontro nucleare con la crisi dei missili a Cuba prima di riuscire ad allentare la tensione. La speranza è quella di non dover arrivare nuovamente a un estremo simile. Intanto il segretario generale António Guterres è ormai ridotto a un ruolo incantatorio. Un uomo ragionevole per tempi irragionevoli.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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