25 settembre 2020 10:19

L’era post-americana è il titolo di un libro del giornalista della Cnn Fareed Zakaria pubblicato nel 2011, in cui l’autore spiegava che il cambiamento del mondo non era dovuto tanto a un presunto declino degli Stati Uniti, quanto “all’ascesa degli altri”, ovvero la Cina, l’India eccetera. La leadership statunitense, spiegava Zakaria, persisteva in tutti gli ambiti: economico, tecnologico, militare e politico.

A quasi un decennio di distanza dalla pubblicazione, dopo quattro anni di presidenza Trump, Zakaria potrebbe dare un senso diverso al titolo del suo libro. Anche se “l’ascesa degli altri” è ancora evidente (in particolare quella della Cina) gli Stati Uniti hanno operato una ritirata relativa dalle questioni globali. Non si tratta di isolazionismo, ma di un impegno a singhiozzo e unilaterale che ha modificato la natura dei rapporti internazionali.

Il mondo post-americano versione 2020 è un mondo senza una leadership incontestata. Di sicuro non esiste più la “iperpotenza” di cui parlava l’ex ministro degli esteri francese Hubert Védrine dopo la fine della guerra fredda e negli anni novanta, e nemmeno il gendarme onnipresente su tutti i continenti. Il riflusso è cominciato con Barack Obama e il suo rifiuto di intervenire in Siria nel 2014, ed è stato accelerato da Donald Trump.

Questa mancanza di leadership ha favorito l’emergere di un mondo multipolare. Il problema è che questo mondo non conosce più regole comuni e appare sempre più caotico.

La visione statunitense del mondo è cambiata e questo sarà vero anche in caso di vittoria di Joe Biden

Trump ha cambiato la natura della leadership mondiale degli Stati Uniti. Il presidente non ammette fede né legge, non riconosce le alleanze del passato ed è diventato imprevedibile e irrazionale.

Come se non bastasse, dà il cattivo esempio facendo esattamente quello che rimprovera ai suoi avversari: ignora gli impegni internazionali quando gli fa comodo, per non parlare del disprezzo per il funzionamento democratico che constatiamo ogni giorno mentre ci avviciniamo alle elezioni del 3 novembre. L’esemplarità e il soft power americano, ovvero la base del domino degli Stati Uniti, si sono chiaramente indeboliti.

La ritirata di Washington terminerà con il mandato di Trump? Assolutamente no. In passato gli esperti avevano considerato la presidenza Trump come un “incidente”, ma oggi sono consapevoli che il presidente, a modo suo, ha incarnato una tendenza di fondo, un “vento di disimpegno prolungato”, per citare le parole di un politico francese.

Un mondo post-americano non significa che gli Stati Uniti siano scomparsi o si siano trincerati dietro le proprie frontiere, ma che la loro visione del mondo è cambiata. Questo fenomeno resterà ben reale anche in caso di vittoria del democratico Joe Biden.

Per tutti gli altri, a cominciare da noi europei, questa situazione solleva un interrogativo esistenziale dopo decenni vissuti sotto l’ombrello americano. La presa di coscienza da parte degli europei di questo nuovo mondo è stata lenta, ma è avvenuta, anche se a Parigi si ironizza sul sollievo che potrebbe portare un’eventuale vittoria di Joe Biden, un presidente più presentabile di Trump.

A prescindere da come andranno le elezioni, il mondo post-americano durerà a lungo, magari sotto forme diverse. Questo ci costringe a interrogarci sul nostro ruolo nel nuovo mondo, diventato molto meno amichevole rispetto al passato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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