21 ottobre 2020 09:45

Questa settimana la Cina festeggia il settantesimo anniversario del suo ingresso nella guerra di Corea, nel 1950. Per Pechino la volontà di onorare i vecchi combattenti si aggiunge a quella di inviare un messaggio bellicoso a due potenziali avversari, gli Stati Uniti e Taiwan.

La guerra di Corea, tra il 1950 e il 1953, è il riferimento ideale per un periodo di grande tensione sinoamericana come quello attuale. Si tratta infatti dell’unica occasione in cui l’esercito cinese e quello americano si sono affrontati nel ventesimo secolo, con gravi conseguenze. Il messaggio semplice e diretto della propaganda cinese è “abbiamo combattuto quando eravamo deboli e poveri, dunque non esiteremo a combattere ancora oggi”. Il concetto ha il merito di essere chiaro.

Gli eventi del 1950, oggetto di innumerevoli serie televisive e discorsi patriottici, hanno assunto le forme del mito. All’epoca, l’esercito americano del generale MacArthur aveva salvato l’esercito sudcoreano dalla sconfitta con i comunisti del nord, e avanzava verso la frontiera cinese.

Soldati massacrati
Ma nella notte del 19 ottobre 1950 Mao diede l’ordine a 250mila soldati cinesi di attraversare le acque gelate del fiume Yalu, prendendo di sorpresa le truppe statunitensi. Fu una carneficina, anche se i cinesi erano equipaggiati nettamente peggio degli americani. Mao aveva puntato sui numeri e aveva vinto, pur con pesanti perdite, compresa quella di suo figlio.

Nelle settimane successive gli statunitensi furono costretti ad arretrare fino all’attuale linea di demarcazione tra le due Coree. Per MacArthur fu una mezza sconfitta. Furioso, il vincitore della guerra nel Pacifico chiese a Washington l’autorizzazione a sganciare una bomba atomica sulla Cina. Il permesso fu negato, e il generale fu sollevato dall’incarico.

La Cina potrebbe approfittare della confusione dovuta alle elezioni negli Stati Uniti per lanciarsi all’assalto di Taiwan

Davvero oggi potrebbe scoppiare un nuovo conflitto armato? Entrare in guerra con gli Stati Uniti non è sicuramente nell’interesse della Cina, anche perché il rapporto di forze è ancora largamente favorevole agli americani.

Ma si tratta comunque di uno scenario inquietante. A questo punto la Cina potrebbe approfittare del periodo elettorale negli Stati Uniti e della probabile confusione che seguirà all’annuncio dei risultati per lanciarsi all’assalto di Taiwan.

Ormai da settimane Pechino aumenta la pressione sull’isola, rivendicata dalla Cina, ma dotata di un governo democraticamente eletto, di un esercito e di tutti i crismi di uno stato indipendente, fatta eccezione per il riconoscimento internazionale.

Le minacce, le pressioni e le provocazioni cinesi fanno temere un colpo di mano, se non su tutto il territorio di Taiwan almeno su alcune isole che dipendono da Taipei e che potrebbero costituire un bottino politico per Xi Jinping, il numero uno cinese. Questo è il messaggio, nient’affatto subliminale, dell’anniversario della guerra di Corea.

È un gioco pericoloso che potrebbe provocare un’escalation incontrollata. Il solo fatto che persone assolutamente rispettabili considerino credibile questo scenario la dice lunga sui rischi del periodo che stiamo vivendo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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