31 marzo 2021 10:26

A fine febbraio un aereo militare slovacco era atterrato di notte in Russia, per poi ripartire l’indomani con 200mila dosi del vaccino russo Sputnik V. Ad accoglierlo aveva trovato il primo ministro slovacco Igor Matovič, raggiante.

Il leader del Partito delle persone comuni, formazione populista, si aspettava di essere celebrato come un eroe. E invece ha provocato una grave crisi politica. Matovič si è dimesso il 28 marzo, pur restando all’interno del governo.

Il motivo della crisi? Matovič non aveva avvertito i partner del governo della sua decisione di importare il vaccino russo, non ancora omologato dall’Agenzia europea del farmaco. Gli alleati e gli avversari all’interno della coalizione l’hanno ritenuto un pessimo azzardo politico e un affronto all’Unione europea, soprattutto considerando che la Slovacchia, duramente colpita dalla pandemia, ha accesso ai vaccini ordinati dalla Commissione a condizioni migliori rispetto a quelle che avrebbe ottenuto negoziando da sola.

Un primo esempio
Al di là delle evoluzioni della vita politica slovacca, è significativo che Matovič sia il primo capo di governo al mondo a cadere in una crisi legata alla pandemia.

In effetti non esistono molti esempi in cui il covid-19 abbia avuto conseguenze politiche dirette, un fatto sorprendente dato che conviviamo con l’emergenza sanitaria da oltre un anno e che in tutti i paesi la popolazione è giudice della gestione della crisi.

L’impatto del virus però esiste, ed è spesso indiretto. Possiamo credere che Donald Trump avrebbe vinto le presidenziali se non ci fosse stato il covid-19? È plausibile, visto che era riuscito a migliorare il risultato del 2016 nonostante la gestione calamitosa della pandemia. In Brasile Jair Bolsonaro rischia di pagare a caro prezzo i 300mila morti per il virus, e per questo rimaneggia il suo governo in preda al panico.

In molti paesi serpeggiano il malcontento e la collera oltre alla sensazione di essere a metà del guado

Di contro Benjamin Netanyahu, l’eterno primo ministro israeliano, non ha ottenuto alle ultime legislative la spinta in cui sperava dopo aver vaccinato a tutto spiano. Come già accaduto nelle tre votazioni precedenti, anche stavolta il risultato è stato uno stallo. Il vaccino e il ritorno alla vita normale non hanno cancellato il risentimento nei confronti di “Bibi”. Al contempo il primo ministro olandese Mark Rutte ha vinto le elezioni nonostante le rivolte di gennaio e la sua criticata gestione della crisi.

In molti paesi serpeggiano il malcontento e la collera, ma c’è anche la sensazione di essere ancora a metà del guado davanti a una minaccia imprevedibile.

È precisamente pensando al “dopo” che il primo ministro ungherese Viktor Orbán, dopo essersi sbarazzato dei legami con la destra europea classica, si è riunito il 29 marzo con i suoi nuovi amici: il primo ministro populista della Polonia Mateusz Morawiecki e Matteo Salvini, leader della Lega di estrema destra in Italia. È il primo passo di un nuovo tentativo di compattare l’estrema destra in vista del momento in cui la vita politica avrà ripreso i suoi consueti ritmi.

In Francia un esponente del governo ha riassunto la sua reazione davanti al malcontento dell’opinione pubblica citando una celebre massima dell’ex presidente Jacques Chirac: “È alla fine della fiera che si contano i cumuli di sterco”. In altre parole, i conti si faranno nel mondo post covid.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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