28 settembre 2022 10:17

Quando due esplosioni sottomarine sono state rilevate dai sismologi svedesi nel Baltico, diversi governi europei si sono affrettati a parlare di sabotaggio. Se l’ipotesi dovesse essere confermata, significherebbe che è in atto un’estensione del teatro di guerra, che stavolta avrebbe coinvolto un’infrastruttura energetica che lega la Russia all’Europa.

Il doppio gasdotto Nord stream (1 e 2), vittima delle esplosioni, è da tempo al centro dello scontro geopolitico con la Russia, nonché il simbolo della dipendenza dal gas russo che la Germania aveva accettato nella speranza di risanare i propri rapporti con Mosca, per poi ritrovarsi in seria difficoltà.

Nord stream 2, che l’ex cancelliera Angela Merkel aveva cercato con tutte le forze di portare a termine malgrado le reticenze dei partner, non è mai entrato in funzione a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. Nord stream 1, invece, è stato chiuso dalla Russia all’inizio di settembre, ufficialmente per manutenzione ma in realtà per fare pressione sull’Unione europea.

Dunque il sabotaggio avrebbe colpito un gasdotto fuori servizio. Il messaggio va interpretato.

La Russia, verso cui si concentrano i sospetti, ha negato di essere coinvolta, ma è l’unico paese in grado di compiere un’azione simile e inoltre avrebbe un buon motivo: accentuare il panico sul mercato europeo dell’energia con l’avvicinarsi dell’inverno. Inoltre il Cremlino potrebbe aver voluto far presente agli occidentali che lo scontro è appena cominciato e che potrebbe allargarsi ad ambiti finora risparmiati.

Paradossalmente non esistono sanzioni che riguardano il gas russo, ma il risultato è lo stesso

L’attacco contro Nord stream, in ogni caso, non avrà conseguenze sull’approvvigionamento dell’Europa, perché i russi hanno già interrotto la fornitura e gli europei si sono organizzati per adattarsi alla nuova realtà. Nel contesto attuale era comunque poco probabile che il gas russo tornasse in Europa, con o senza gasdotto. Paradossalmente non ci sono sanzioni che riguardano il gas russo, ma il risultato è lo stesso.

Nel momento in cui Nord stream veniva danneggiato, la Polonia celebrava l’inaugurazione di un gasdotto che la collegherà alla Norvegia, paese membro della Nato e produttore di gas offshore. Il problema è che queste infrastrutture sono vulnerabili.

Dal 27 settembre i paesi che si affacciano sul Baltico hanno rafforzato le misure di sicurezza nelle centrali energetiche. Nessuno può escludere che la Russia decida di attaccare le infrastrutture dei paesi della Nato, che ritiene il vero nemico in Ucraina.

Sarebbe un’escalation considerevole ma conforme alla voglia di alzare la posta che caratterizza il comportamento di Vladimir Putin dopo le sconfitte del suo esercito in Ucraina. La mobilitazione parziale ne è una prova, così come i referendum organizzati nelle zone occupate dell’Ucraina. Come previsto, nella giornata del 27 settembre il sì ha trionfato aprendo le porte all’annessione, che potrebbe essere annunciata già il 30 settembre.

A partire da quel momento qualsiasi avanzata delle forze ucraine sarà considerata un attacco contro il territorio russo che giustificherebbe qualsiasi azione difensiva, in una curiosa inversione di ruoli. Tutti pensano all’arma nucleare, ma il gasdotto danneggiato nel Baltico dimostra che quella atomica non è l’unica escalation possibile. La guerra, evidentemente, è ancora molto lontana dalla sua conclusione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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