23 novembre 2022 10:15

La visita della vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris sull’isola filippina di Palawan, nel mar Cinese meridionale, non ha il potenziale destabilizzante di quella di Nancy Pelosi a Taiwan nell’agosto scorso, ma di sicuro non è passata inosservata.

Palawan si trova in una delle zone più esplosive del pianeta, uno dei punti di frizione tra la Cina e i suoi vicini asiatici ma anche con gli Stati Uniti, onnipresenti nella zona Asia-Pacifico. Per questo motivo la presenza di Harris ha un unico tema: la Cina.

Harris arriva nelle Filippine in un momento di grande tensione. Le autorità locali hanno appena rivelato un incidente accaduto il 19 novembre, quando una nave filippina aveva trovato un pezzo di una fusoliera di un missile cinese caduto in mare e lo stava rimorchiando verso il suo porto di origine, come prevede il diritto marittimo.

La legge del più forte
A quel punto, però, la nave è stata raggiunta dalla guardia costiera cinese, che ha recuperato con la forza il componente mentre, secondo i giuristi, Pechino avrebbe potuto semplicemente chiederne la restituzione a Manila. L’incidente, senza precedenti, si è verificato in una zona contesa del mar Cinese meridionale.

Oggi gli Stati Uniti si presentano come protettori dei paesi del sudest asiatico spaventati dalla possibilità che l’imponente vicino cinese – 1,4 miliardi di abitanti, seconda economia mondiale – possa imporre la sua legge.

Il governo cinese rivendica la sovranità sulla quasi totalità del mar Cinese meridionale invocando una “linea dei nove tratti” presente su alcune antiche mappe, ma questa interpretazione è contestata dalla maggior parte dei paesi costieri con cui la Cina ha un contenzioso: Filippine, Vietnam, Brunei, Indonesia, Malaysia e naturalmente Taiwan. Negli ultimi anni Pechino ha occupato alcune piccole isole (a volte semplici rocce) che ha trasformato in basi aeronavali.

Le Filippine costituiscono un caso scuola perché sono l’unico paese ad aver denunciato la Cina davanti a un tribunale internazionale specializzato, ottenendo tra l’altro la condanna di Pechino. Ma il governo cinese si è rifiutato di riconoscere la sentenza.

Il 21 novembre, a Palawan, Kamala Harris è stata molto chiara: “Un attacco contro le forze armate filippine nel mar Cinese meridionale attiverebbe gli accordi di difesa [tra i due paesi]”. Gli Stati Uniti inoltre rafforzeranno la loro presenza militare nelle Filippine, in particolare nell’isola di Palawan.

Il nuovo presidente filippino Ferdinand Marcos Junior, figlio dell’ex dittatore di cui porta il nome e il cognome, ha adottato una linea più dura con la Cina rispetto al suo predecessore Rodrigo Duterte.

Statunitensi e cinesi, intanto, cercano di negoziare meccanismi di sicurezza per smorzare la loro rivalità. Joe Biden e Xi Jinping ne hanno parlato a margine del G20 di Bali del 15 e 16 novembre. La prima conseguenza è l’incontro tra i ministri della difesa dei due paesi all’inizio di questa settimana, in Cambogia.

I paesi del sudest asiatico assistono con preoccupazione all’aumento delle tensioni e alla militarizzazione rapida della zona. Nessuno è felice della guerra fredda sempre più imperante, anche perché tutti vorrebbero mantenere legami economici con la Cina e al contempo tengono alla presenza degli Stati Uniti, unico possibile contrappeso alla tentazione egemonica di Pechino. Il Mar cinese meridionale è uno dei molti “fronti” della rivalità sino-americana.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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