06 giugno 2023 10:09

Come possiamo continuare a fidarci di un testo, di un’immagine o di un video nell’epoca dell’intelligenza artificiale? Il problema della veridicità nell’informazione si pone da anni, ma ora l’avvento di strumenti come ChatGpt per i testi o Midjourney per le immagini (e ce ne sono molti altri) ha trasformato la questione in un potenziale incubo.

La Commissione europea non ha perso tempo e ha deciso di occuparsi dell’inquadramento di queste tecnologie che rischiano di trasformare lo spazio dell’informazione in una giungla. Il 5 giugno Bruxelles ha deciso di agire d’anticipo, ancora prima della grande legge europea (il cosiddetto “Ai act”) in preparazione.

La Commissione chiede alle piattaforme digitali di creare un’etichetta Ia che permetta agli utenti di sapere se un testo, una foto o un video sono stati generati (in parte o per intero) da un programma di intelligenza artificiale. Un mezzo per limitare un’esplosione della disinformazione che potrebbe essere favorita da nuovi strumenti non regolamentati.

Il minimo che si possa fare
Al momento non esiste una panacea, come abbiamo potuto verificare fin dall’apparizione dei primi social network e la conseguente marea di fake news. Ma è comunque meglio di niente, perché non fare nulla significa intraprendere la strada del caos.

Informare il lettore sull’origine di un contenuto è un atto di minima trasparenza. Oggi è possibile creare fotografie che corrispondono ai nostri desideri. Se voglio l’immagine di un soldato ucraino che prende in braccio un vecchio ferito, con un edificio in fiamme alle spalle, otterrò questa scena anche se non è mai esistita. Tutti gli elementi della foto saranno reali, ovvero presi da fonti disponibili online, ma l’immagine in sé sarà fittizia. Un po’ come il quadro di una battaglia napoleonica. Chiarire che si tratta di una foto prodotta dall’intelligenza artificiale è il minimo che si possa fare.

L’Ia è presente in tutto il mondo, dunque la necessità di regolamentarla riguarda tutti

Quello sull’obiettività di una foto, per restare all’interno del nostro esempio, è un vecchio dibattito: tutto dipende dall’inquadratura, capace di far dire cose diverse allo scatto, ma anche dall’“istante decisivo”, come diceva Cartier Bresson. Ora, però, quel dibattito è superato, perché ormai siamo nel campo della finzione realistica.

Le piattaforme digitali accetteranno la richiesta della Commissione? Questo è l’interrogativo cruciale. Bruxelles si rivolge alle decine di aziende del digitale che aderiscono al “Codice di condotta dell’Unione europea contro la disinformazione online”. Si tratta dunque di un coinvolgimento volontario. Ma Twitter, uno dei principali social network del mondo, ha appena cancellato la propria adesione al codice. Il proprietario, Elon Musk, è infatti contrario a qualsiasi vincolo, in nome del primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti.

Tra i problemi da affrontare c’è il fatto che le piattaforme sono quasi tutte statunitensi, dal punto di vista sia giuridico sia etico. L’Europa è un mercato enorme, ma ha solo un potere normativo perché non ha prodotto la tecnologia e le aziende che la controllano. Questa è la grande debolezza del vecchio continente.

Resta il fatto che l’Ia è presente in tutto il mondo, dunque la necessità di regolamentarla riguarda tutti. Il 5 giugno il sindacato degli attori di Hollywood ha cominciato a negoziare con gli studios a proposito dei diritti di uso delle riproduzioni che saranno generate dall’Ia in futuro, quando i film potranno essere prodotti senza l’ausilio degli attori.

È solo un esempio tra i tanti di un’ondata che sta stravolgendo il nostro rapporto con la verità e la finzione. C’è da avere le vertigini.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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