12 luglio 2023 10:16

Qualche anno fa, quando si cominciava a discutere delle candidature dell’Ucraina e della Georgia all’ingresso nell’Organizzazione del trattato dell’Atlantico del nord (Nato), un giornale aveva pubblicato una vignetta in cui i rappresentanti dei due paesi si domandavano “cos’è l’Atlantico?”.

La stessa vignetta potrebbe essere riproposta oggi, in occasione dell’incontro a Vilnius tra i 31 paesi che fanno parte della Nato, a cui sono stati invitati anche i leader di quatto paesi dell’area Asia-Pacifico: Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Per capire le ragioni della loro presenza non bisogna sforzarsi troppo: al centro di tutto c’è la Cina.

Nonostante l’Ucraina e la collera di Volodymyr Zelenskyj per il rifiuto di un’adesione immediata del suo paese, la Cina era nei pensieri di tutti a Vilnius. Evidentemente Washington vorrebbe coinvolgere sempre di più la Nato nelle questioni asiatiche, un ulteriore segno del fatto che la Cina rappresenta la priorità nonostante la guerra in corso contro la Russia.

Strategia europea
Nel 2022, a Madrid, la Nato aveva riconosciuto che la Cina rappresentava una “sfida reale”. Il riferimento a una minaccia cinese era stato incluso per la prima volta nel documento strategico prodotto dall’alleanza, con grande disappunto di Pechino e della Francia.

In privato, infatti, i diplomatici francesi avevano ironizzato sul fatto che l’Asia non si trova certo nell’Atlantico del nord. Più seriamente, Parigi non vorrebbe farsi trascinare nella guerra statunitense contro la Cina.

La Francia fa valere il fatto di avere una propria “strategia indo-pacifica”, sottolineando che anche l’Unione europea ha la sua e che pur esistendo preoccupazioni condivise con gli Stati Uniti, gli interessi non sono necessariamente sovrapponibili.

Allo stadio attuale non esiste alcun piano militare né la possibilità di un’estensione della Nato in Asia

La Francia ha posto il veto all’apertura di un ufficio della Nato a Tokyo, una decisione simbolica che esprime un disaccordo. Il riferimento all’apertura di questo ufficio è sparito dal comunicato finale del vertice, che comunque critica severamente la Cina.

Nel corso della sua visita a Pechino, ad aprile, Emmanuel Macron aveva fatto scalpore manifestando la volontà di evitare una “vassallizzazione” dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti ed escludendo che il suo paese possa seguire ciecamente Washington nella sua crociata contro Pechino. La Nato fa parte di quella equazione, perché Parigi non vuole una trasposizione in Asia della leadership statunitense all’interno dell’alleanza.

Allo stadio attuale non esiste alcun piano militare né la possibilità di un’estensione della Nato in Asia, ma il riavvicinamento e il coordinamento con le quattro potenze invitate a Vilnius rientra nella visione di Washington del containment, il contenimento della Cina, per riprendere un’espressione diffusa durante la guerra fredda.

In caso di conflitto reale nel mar Cinese meridionale o nello stretto di Taiwan, Washington vuole assicurarsi la presenza di un fronte antiPechino. Di recente Anders Fogh Rasmussen, ex segretario generale della Nato e convinto atlantista, si è recato a Taiwan e ha invitato gli occidentali a mettere in chiaro che non permetteranno mai l’uso della forza contro l’isola.

Pechino vede chiaramente di buon occhio la presa di distanza della Francia rispetto alla strategia statunitense. Un po’ acrobatica nel contesto della guerra in Ucraina, la Francia dimostra ancora una volta che all’interno della Nato la sua è una presenza leale, certo, ma anche autonoma.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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Al dibattito sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato è dedicata la puntata di oggi di Il Mondo, il podcast di Internazionale. Con Jacopo Zanchini. Ascoltala qui.

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