30 gennaio 2015 16:24

Il giorno della memoria è finito. Ora sono rimaste solo le repliche di Anita B. su Sky a farne eco. Anche La chiave di Sara è stato sostituito qualche minuto dopo la mezzanotte con una commedia americana.

Finite le cerimonie, i documentari, i talk show e lo “speciale giorno della memoria”, in edicola e nelle librerie riprendono il sopravvento i vari Geronimo Stilton e Harry Potter, mentre il diario di Anne Frank se ne torna negli scaffali di storia.

Cosa rimane al termine della giornata della memoria, oltre naturalmente all’immancabile app interattiva per raccontare ai bambini a soli 3,99 euro, la storia della shoah con l’iPad?

“Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank?”, si chiese Nathan Englander. Ma anche in questa circostanza ci si potrebbe interrogare di cosa parliamo in occasione della Gdm, il nuovo acronimo così puntualmente ben definito da Elena Lowenthal nel suo saggio Contro la giornata della memoria.

Da qualche anno all’University of South California si prova a far sopravvivere le testimonianze con nuove tecnologie, creando ologrammi dei sopravvissuti in grado di raccontare e rispondere alle domande che gli saranno poste.

Cosa rimane al termine delle giornate di memoria dopo che le telecamere si spengono insieme al cielo sopra Auschwitz? Oltre all’urlo “mai più!!” e allo scontato “per non dimenticare”, cosa rimane nell’intimo a ciascuno di noi?

Oggi, pochi giorni dopo la Gdm, le nuove scritte antisemite apparse in diverse città non fanno nemmeno notizia e non sembrano un’azione per offuscare la forza e la determinazione di chi ha scelto di non arrendersi di fronte alla peggiore crudeltà umana.

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