22 aprile 2018 10:59

Ho molto riflettuto sull’amicizia negli ultimi tempi, e su come non possa funzionare se non la coltivi, su come non cresca se non te ne prendi cura. Ma per coltivare intendo semplicemente passare del tempo insieme con regolarità, e questo è molto più importante di qualunque altra cosa.

Gli amici non devono incantarci, tenerci informati o fare confessioni, devono solo essere a portata di mano. Va bene essere monotoni, raccontare sempre le stesse storie, tornare su argomenti triti e ritriti. La fatica di essere brillanti a tutti i costi è meglio riservarla agli estranei.

Mi viene in mente che non ho mai capito il senso dell’espressione “tempo di qualità” riferito allo stare con i propri figli. Sono d’accordo sul fatto che bisogna dare attenzioni ai bambini, ma dargli la nostra completa attenzione, tutto il tempo, mi sembra faticoso e inutile. Nessuno vuole vivere con un faro puntato sui propri figli, o condividere costantemente un’attività stimolante. Spesso i bambini vogliono solo che tu stia sullo sfondo, mentre fanno le loro cose. O che li ascolti in modo approssimativo, anche quando non dicono niente.

Si tratta di trascorrere del tempo insieme e di accettare che nessun amico possa essere tutto per noi

Mi ha spesso colpito come i momenti noiosi del lavoro di genitori siano quelli in cui succedono le cose. Le ore dopo la scuola, quando tutti sono stanchi e taciturni. Il solito bagnetto, il solito bacio della buonanotte. Momenti che si ripetono all’infinito, in cui non viene detto niente di importante. E poi all’improvviso arrivano, alla fine della giornata, quelle parole sussurrate nella penombra: una bambina mi ha trattato male a scuola, i compiti erano troppo difficili, ho pianto sul campo da calcio. In quei momenti la “qualità” emerge dalla quantità di tempo passato insieme. Il senso di intimità è cresciuto finché è emerso silenziosamente, da sotto la superficie, un legame di fiducia, e in quei momenti si creano ricordi.

La ricchezza della diversità
Le amicizie funzionano allo stesso modo, si tratta di trascorrere del tempo insieme e di accettare che nessun amico possa essere tutto per noi. Ognuno risponde a bisogni diversi, svolge funzioni distinte. Siamo diversi con ognuno dei nostri amici. Ho un’amica con cui mi vedo ogni mercoledì, nello stesso posto, per un caffè. Parliamo per un paio d’ore, saltando con eleganza da un argomento all’altro, sapendo come muoverci e capendo i nostri ruoli. Lei è sempre in ritardo e io ogni volta dimentico che prende il caffè con lo zucchero, il che ci fa sembrare un po’ stupide. Dall’altra parte, però, quando mi vengono le caldane lei fa gentilmente finta di niente, ed è questa la vera amicizia.

Poi ci sono le tre amiche con cui vado a camminare il venerdì, e con loro parlo di salute, scambio consigli su libri, e mi lamento della politica. Altre due che chiamo se mi va di andare a vedere uno spettacolo. Ho amiche a cui piace andare a ballare o a bere qualcosa, altre che preferiscono vedere una mostra e un’altra che è diventata psicoanalista, così ogni tanto le racconto delle cose nella speranza di ricevere consigli gratis. Ma si limita ad annuire e non dice niente, come una vera professionista.

I giovani capiscono il concetto di amicizia molto meglio di quanto facessi io alla loro età. I miei figli sembrano sapere che avranno bisogno sia di fidanzati sia di amici, forse perché intuiscono che avranno più di una relazione, così come probabilmente avranno più di un lavoro. Devono guardare alla loro aspettativa di vita e pensare: come diavolo potrà funzionare questa farsa della monogamia?

Il nuovo libro di Dolly Alderton, Everything I know about love, dice cose molto acute su questo argomento. Sulla copertina ci sono le parole “feste, ragazzi, amici, lavoro, vita” – tutte barrate. Parla di tutti questi temi, spesso in modo divertente, ma rende un affettuoso omaggio all’amicizia: “Quasi tutto quello che so dell’amore l’ho imparato grazie alle mie amicizie di lunga data con le donne… So cosa vuol dire conoscere ogni minimo particolare di una persona, vantandosi come se fosse una disciplina accademica. Quando si tratta delle amiche con cui ho vissuto, sono come quelle donne che al ristorante sanno in anticipo cosa ordinerà il loro marito”. Di solito riesco a prevedere cosa prenderà mio marito, ma sono migliorata nel dare lo stesso valore ad altre relazioni. Quando ero giovane scaricavo le amiche per i ragazzi – che cosa stupida e antifemminista.

Ho imparato tardi la lezione, ma non troppo tardi. Adesso tengo molto a queste amiche, e al tempo che passiamo a dimenticare e a ricordare cose di noi stesse, a volte ascoltando solo a metà, ma sempre capendoci.

(Traduzione di Caterina Benincasa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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