06 giugno 2012 10:48

La serata del 28 maggio poteva chiudersi tra le grida che invadevano la città o con il silenzio che riempiva ogni casa. È successa la seconda cosa, perché la squadra di baseball della capitale ha perso il campionato nazionale contro un’altra squadra del centro del paese. Negli ultimi giorni la passione per questo sport è rinata dalle sue ceneri, anche se tra i più giovani il calcio guadagna tifosi a grande velocità.

Le partite finali del campionato sono state giocate con gli stadi pieni e per strada anche i bambini dichiaravano di tifare per questa o quell’altra squadra. Anche le notizie delle inondazioni dovute alla pioggia sono state relegate in secondo piano, tra il caos suscitato dai punti messi a segno dai giocatori e dagli homerun.

Ma nonostante la vertiginosa settimana vissuta dai tifosi di baseball, questa disciplina sembra destinata al declino se non saranno risolti certi pressanti problemi. Difficoltà che vanno dalle pessime condizioni degli stadi fino alla richiesta avanzata (sottovoce) dai giocatori di poter giocare nelle squadre professionali di altri paesi. Anche l’eccessiva presenza della politica ha colpito il passatempo nazionale, perché i commentatori televisivi sembrano intonare un canto ideologico più che fare cronaca sportiva. Le antenne paraboliche illegali portano nelle case dei cubani le partite in diretta dei campionati locali degli Stati Uniti e del Giappone.

Sono una forte concorrenza per le trasmissioni nazionali, seguite da sempre meno persone. Questo campionato che finisce è stato un segnale di allarme. Nonostante la passione popolare che ha segnato gli ultimi incontri, si percepiva una grande stanchezza rispetto agli anni precedenti. Una spossatezza che va oltre la rivalità del calcio contro il baseball ed è anche una discussione sull’identità, sulla crisi dei paradigmi e dei punti di riferimento.

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