Avvertenza. Il linguaggio di questa rubrica è diretto ed esplicito.
Sono una lesbica e vivo in una grande città. La donna con cui sto da cinque anni è la più meravigliosa che ho mai conosciuto, siamo profondamente innamorate e vogliamo trascorrere insieme il resto della nostra vita. Ha un figlio di diciott’anni da un matrimonio precedente con un uomo, che è al quarto anno delle superiori e vive a casa con lei (non conviviamo). Circa due anni fa si è fatto travolgere dall’impeto dell’intolleranza Maga, sviluppando forti tratti di mascolinità tossica e omofobia violenta. Con la mia partner è molto offensivo a parole, e lo è sempre di più anche con me. Un paio di volte l’ha anche minacciata fisicamente. A me ha dato della pedofila e quando parla di me dice “quella stronza di merda”. Ha detto che Trump “farà piazza pulita” di quelle come noi! Tutti i suoi amici sono maschi Maga, ma si vergogna troppo della madre gay per farli venire a casa. Mia sorella dice che è ora che il giovanotto vada a vivere per conto suo, ma la mia partner non vuole cacciarlo di casa perché, dice, perché è proprio così che sono stati trattati tanti giovani queer, e lei ovviamente gli vuole bene. Ha un sacco di giustificazioni sul perché sia diventato così. Io mi astengo dal dire la mia più di tanto perché il figlio è suo, però sta pesando su di me e sul nostro rapporto. È divorato dalla rabbia e dall’odio, e pensa che io stia impedendo a sua madre di vivere una “vita normale”. Non so che paletti devo mettere, ma non sono disposta a rinunciare a lei, la amo con tutto il cuore. Gradirei qualsiasi consiglio tu possa darmi.
– This Relationship Under Mounting Pressure
Sono d’accordo con te e tua sorella: la tua fidanzata dovrebbe dare al figlio adulto un lasso di tempo ragionevole per trovarsi un altro posto in cui vivere – magari sarebbe più contento di stare con il padre – e poi fissare un appuntamento con il fabbro per farsi venire a cambiare le serrature di casa.
La tua fidanzata deve anche smettere di fare false equivalenze: sì, alcuni genitori intolleranti hanno cacciato di casa i figli perché ne disapprovavano l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Ma la tua partner non caccerebbe di casa il figlio (cioè, non gli chiederebbe educatamente di andarsene) perché disapprova le sue idee politiche. Il problema qui non sono le raccapriccianti idee politiche del ragazzo – e quindi non è l’essere un maschio Maga – ma i suoi comportamenti inaccettabili: ha minacciato di violenze la madre e preso a parolacce la sua partner. Anche i figli queer adulti che minacciano di violenze i loro amorevoli genitori e si comportano da stronzi colossali con i loro partner del sesso opposto meritano di essere sbattuti fuori di casa.
Temendo che la mia reazione fosse troppo dura, e consapevole del fatto di avere scarse competenze in materia, ho girato la tua lettera a Joanna Schroeder, giornalista e critica culturale femminista che si occupa di come educare i ragazzi. Oltre ad avere una newsletter sulla genitorialità (che si chiama “Zooming out”), le relazioni e la parità in famiglia, Schroeder è coautrice (insieme a Christopher Pepper) del libro Talk to your boys: 27 crucial conversations parents need to have with boys (and how to have them), di prossima uscita. Anziché citare solo alcune parti della sua risposta, molto più lunga e ponderata della mia, voglio fartela leggere per intero.
“In questa vicenda ci sono due elementi, che a prima vista possono sembrare un problema unico, ma che vanno tenuti separati in attesa di elaborare un piano d’azione.
Il mio primo pensiero, quello che più mi preoccupa, è che questo ragazzo stia minacciando la madre di violenze. A prescindere da ogni altra considerazione – le sue idee politiche, l’ omofobia, il modo in cui esprime la sua mascolinità – si tratta di una situazione potenzialmente pericolosa non solo per la tua partner, ma anche per lui stesso. Alla sua età, supponendo uno sviluppo e un intelletto nella norma, minacce simili possono indicare che qualcosa non va, e che è ora di rivolgersi a un professionista abilitato. Questa è la prima cosa da fare: terapia familiare, o sessioni programmate con un terapeuta che abbia esperienza con pazienti adolescenti.
Un’avvertenza: per quanto sia allettante, l’idea di un aiuto professionale andrebbe proposta (se è possibile farlo in sicurezza) con spirito di compassione, dalla madre o di entrambi i genitori, senza fare parola delle sue idee politiche, concentrandosi sulle minacce e gli altri comportamenti oggettivamente rischiosi. È vero che per molti di noi le fasce estreme della cultura Maga sono pericolose, ma tirare in ballo le idee politiche del ragazzo non farà che allontanarlo ulteriormente e sottrarlo all’ascendente della madre, e questa è l’ultima cosa che vogliamo.
È importante ricordare che la rabbia e le sfuriate possono essere un indicatore di depressione maggiore, specie nei maschi. La tua partner sarà senz’altro una madre fantastica, e avrà fatto del suo meglio per crescere il figlio in un ambiente amorevole e accogliente, ma per i giovani uomini è difficile sfuggire agli aspetti più opprimenti della mascolinità, che li spingono a reprimere il dolore o a esternarlo come rabbia. Può anche darsi che nel suo passato ci sia qualcosa che gli ha fatto provare vergogna: un sentimento che, se non viene elaborato, si trasforma facilmente in rabbia.
So che è difficile avere compassione per chi è tanto crudele con te, ma trattandosi di un bambino – e al quarto anno delle superiori si è ancora bambini – direi che i suoi possibili disturbi mentali sono cominciati prima che scoprisse questa frangia del Maga radicale e intollerante. Ripensando ai comportamenti che ho riscontrato in altri ragazzi con situazioni simili, ritengo probabile che abbia incontrato quegli estremisti mentre attraversava un momento difficile, e che loro lo abbiano accolto senza riserve (una conferma importantissima per gli adolescenti maschi che spesso si sentono impacciati e non voluti), e gli abbiano indicato qualcuno su cui sfogare la rabbia, da poter incolpare per il suo disagio. Detto diversamente, direi che queste opinioni estremiste siano un sintomo del problema, e non l’origine, e che questa comunità stia esasperando e aggravando la situazione invece di aiutarlo ad affrontarla e superarla.
E qui arriviamo al mio secondo pensiero, cioè su come si parla di politica in casa del ragazzo. Se i messaggi che gli arrivano dai suoi amici estremisti sono: “Non ci accetteranno mai”, “A loro non frega niente di noi” e “Vogliono sopraffarci e toglierci l’identità”, l’ultima cosa che vogliamo dare ai nostri figli è la conferma che gli estremisti avevano ragione. Questo accade quando ci rifiutiamo di accettare che hanno opinioni diverse dalle nostre, quando li allontaniamo per via delle loro idee politiche o cerchiamo di costringerli a diventare come noi, o ad avere le nostre stesse convinzioni usando il senso di colpa, la coercizione o gli ultimatum.
Per ora, mentre la tua partner cerca di risolvere i possibili disagi mentali del figlio, consiglierei di evitare ogni discussione che riguardi Trump, il Maga o la politica in generale. Ciò non significa che non dobbiate stabilire dei paletti per la sua (e la tua) sicurezza. Per esempio al ragazzo non va permesso di minacciarla, insultarla o usare un linguaggio omofobico che vi faccia sentire in pericolo dentro casa. A parte questo, certi argomenti con lui non vanno affrontati. Meglio evitare questo tipo di discussioni e, nel caso lui si scaldi troppo, ricordargli che ognuno deve potersi sentire al sicuro in casa propria.
Venendo a te, so che ami la tua partner, ma non meriti di essere minacciata o insultata da nessuno. Sei tu a stabilire in quali termini vuoi essere trattata da questo giovanotto, e dato che non vivi con loro, basterà semplicemente mettere in chiaro che, se lui non saprà astenersi dal minacciare, insultare o umiliare, tu da quella casa te ne andrai. Non ci devi tornare se non ti senti al sicuro, ma al tempo stesso non spetta a te decidere che il figlio adolescente della tua partner va cacciato di casa.
Da mamma di un adolescente che ha all’incirca la stessa età del ragazzo, posso dirti che chiedere a una persona di scegliere tra un partner sentimentale e un figlio non è un bene per nessuno. Consiglierei semmai di sostenere la tua partner nel suo percorso di aiuto al figlio, senza per questo rinunciare a mettere dei paletti sulla sicurezza e la tranquillità. Ciò potrebbe voler dire che ci si vede solo fuori da casa sua, o quando il figlio non c’è. Purtroppo potrebbe anche voler dire prendersi una pausa dalla relazione per garantire la tua incolumità”. – Joanna Schroeder
Rieccomi. Voglio ringraziare Joanna Schroeder per la generosità e per i consigli preziosi, che sospetto saranno utili anche ad altri lettori, e poi aggiungere un paio di cose al volo.
Primo: se il figlio della tua partner si rifiuta di andare in terapia e continua a minacciarvi – ossia se ricordargli che tutti devono potersi sentire al sicuro a casa propria non sortisce l’effetto desiderato – va sbattuto fuori (dovrà farlo la madre, eventualmente; la decisione, ripeto, spetta a lei, non a te né a me).
Secondo: ci tengo a rimarcare uno dei punti toccati da Schroeder nella sua risposta. Hai tutto il diritto di mettere dei paletti. Se rifiuti ogni contatto con il ragazzo mentre la tua partner gli procura l’aiuto necessario per gestire i suoi problemi di rabbia (e soprattutto lo convince che quell’aiuto va accettato), può darsi che per un po’ tu debba passare meno tempo con lei. Ma dato che è abbastanza grande da potersi sfamare e lavare da solo (e anche da poter votare, purtroppo), non ha più bisogno di un genitore a tempo pieno. Perciò lei dovrebbe sentirsi libera di rifugiarsi a casa tua per qualche giorno o anche qualche settimana, fintanto che suo figlio: 1. vive ancora da lei, e 2. si comporta ancora da stronzo colossale.
P.s. Se il padre del ragazzo è uscito di scena – e lui non ci può andare a vivere insieme – ci si aspetterebbe che fosse grato al genitore che invece è presente. Ma è noto che gli adolescenti inferociti rivolgono la loro rabbia contro il genitore di cui danno per scontati l’amore, l’appoggio e la presenza. Sono abbastanza vecchio da conoscere gente che aveva un rapporto pessimo con i figli adolescenti, che poi è migliorato notevolmente con il tempo. Ciò non rende questa fase meno sgradevole, e non è una cosa che succede da un giorno all’altro, ma capita abbastanza spesso da far sperare, in modo ragionevole, che un domani il rapporto con questo ragazzo possa migliorare. Perciò tu e la tua partner non dovete perdere le speranze né considerarlo irrecuperabile. Se e quando lui si darà una calmata, emotivamente e politicamente, il tuo compito sarà quello di non rinfacciare all’adulto ragionevole l’essere stato un adolescente inferocito.
P.p.s.. Se il fatto che tu e la tua partner siate lesbiche è il motivo per cui il ragazzo non ha ancora portato a casa quegli stronzi dei suoi amici Maga e si tiene alla larga, allora viva le lesbiche. Se funzionasse con tutti i maschi Maga e se essere lesbiche fosse una scelta, lo sceglierei subito anch’io. Chi non vorrebbe un superpotere del genere?
P.p.p.s. I prossimi quattro anni saranno uno schifo. Ma lo saranno ancora di più se lasceremo che il ciclo delle notizie – e l’uomo che lo domina – prosciughi la nostra gioia di vivere. Dobbiamo stare attenti a quello che succede, sì, e trovare la forza di continuare a lottare. Ma dovremo anche trascorrere quanto più tempo possibile insieme ai nostri amici e innamorati, facendo le cose che ci danno gioia. Chiunque ti dica che trovare il tempo per la gioia (comunque la si voglia sperimentare o definire) è una distrazione o un tradimento non sa di cosa parla. Nei giorni più neri della crisi dell’aids, la mattina andavamo a seppellire i nostri amici, il pomeriggio a manifestare, e poi a ballare tutta la cazzo di notte. Era il ballo a darci la forza di lottare, perché era il ballo quello per cui lottavamo.
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(Traduzione di Francesco Graziosi)
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