Milorad Dodik a Sarajevo, il 26 maggio 2022. (Dado Ruvic, Reuters/Contrasto)

Milorad Dodik, presidente dell’entità serba della Bosnia-Erzegovina, ha fatto una breve apparizione il 6 dicembre nel primo giorno del suo processo a Sarajevo. Il processo è stato poi aggiornato dopo che i suoi avvocati ne hanno chiesto lo spostamento a Banja Luka, la sua città natale.

Dodik, 64 anni, è accusato di non aver rispettato l’autorità e le decisioni del tedesco Christian Schmidt, l’Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina, incaricato di garantire l’applicazione dell’accordo di pace che mise fine alla guerra che tra il 1992 e il 1995 aveva insanguinato questa ex repubblica jugoslava.

Leader indiscusso della Repubblica Serba – una delle due entità che compongono il paese insieme alla Federazione croato-musulmana – Dodik rischia fino a cinque anni di prigione e il divieto di svolgere attività politica.

Al suo arrivo in aula Dodik è stato lungamente applaudito dai politici presenti. Poco dopo ha rifiutato di alzarsi per ascoltare le parole del giudice Mirsad Strika.

Prima che fosse letto l’atto d’accusa, Goran Bubić, uno degli avvocati di Dodik, ha chiesto il rinvio del processo in attesa di una decisione sulla sua richiesta di trasferire il procedimento a Banja Luka, il capoluogo della Repubblica Serba.

La decisione del tribunale è prevista nei prossimi giorni. Se la richiesta della difesa sarà respinta, il processo riprenderà il 20 gennaio 2024 a Sarajevo.

Uscendo dal tribunale Dodik ha denunciato un “processo politico, reso possibile da interferenze straniere”, riferendosi alle misure adottate di recente da Schmidt. Dodik ha poi lanciato alcune invettive contro Schmidt e l’ambasciatore statunitense Michael Murphy, che considera i mandanti del suo processo.

Un paese lacerato dalle divisioni

Il processo a Dodik è senza precedenti in Bosnia-Erzegovina, un paese ancora lacerato dalle divisioni a quasi tre decenni dalla fine della guerra.

Dodik, nazionalista e sostenitore del presidente russo Vladimir Putin, aveva promulgato a luglio, in qualità di presidente della Repubblica Serba, due leggi approvate a giugno dal parlamento locale e subito annullate da Schmidt.

Le leggi stabilivano che le sentenze della corte costituzionale della Bosnia-Erzegovina e le decisioni dell’Alto rappresentante non sarebbero state applicate nell’entità serba.

Oltre ad annullare le due leggi, Schmidt ha modificato il codice penale introducendo il reato di mancata osservanza delle sue decisioni, provvedimento che ha permesso alla procura d’incriminare Dodik.

Comunicati come “carta igienica”

L’Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina, carica prevista dall’accordo di pace di Dayton del 1995, ha poteri che gli permettono di approvare leggi e destituire rappresentanti eletti.

Dodik ha respinto l’autorità di Schmidt fin dal suo arrivo nel paese nel 2021. Anche Mosca considera la nomina illegittima, perché non è stata approvata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Schmidt è stato nominato dal Consiglio per l’attuazione della pace (Pic), dominato dalle potenze occidentali.

Il Pic, che si è riunito in settimana a Sarajevo, ha ribadito il suo “pieno sostegno” a Schmidt e ha sottolineato che “l’entità serba non ha diritto di secessione dalla Bosnia-Erzegovina”. Dodik ha risposto che i comunicati del Pic sono usati nella Repubblica Serba come “carta igienica”.

In occasione del ventottesimo anniversario dell’accordo di pace di Dayton, alla fine di novembre, Dodik ha dichiarato che il destino della Bosnia-Erzegovina è segnato: “Ci sarà una separazione pacifica. Il treno ha lasciato la stazione e non è più possibile tornare indietro”.