Regione indigena di Guna Yala, Panamá. (Martin Bernetti, Afp)

Il 29 maggio il governo panamense ha assegnato nuovi alloggi sulla terraferma a 1.200 indigeni che potranno gradualmente lasciare un’isola minacciata dall’aumento del livello del mare.

Il presidente Laurentino Cortizo ha inaugurato il complesso residenziale Nuevo Cartí, costruito nella regione indigena di Guna Yala per ospitare gli abitanti dell’isola Cartí Sugdupu, che si trova a quindici minuti di barca dalla costa.

“Sono commossa”, ha dichiarato all’Afp Vidalma Yánez, 57 anni, davanti alla sua nuova abitazione. “La casa è molto bella, piccola ma confortevole”.

Le case, di 41 metri quadrati, sono dotate di acqua corrente ed elettricità.

Sull’isola di Cartí Sugdupu gli indigeni vivono invece in condizioni precarie, senza acqua potabile e spesso senza elettricità, in case di legno o lamiera con pavimenti in terra battuta. Ma il vero problema è l’innalzamento del livello del mare.

Secondo gli scienziati, il fenomeno è causato dal cambiamento climatico, e in particolare dallo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali.

“La crisi climatica globale ci ha costretti a trasferire 1.200 persone in un complesso residenziale di circa trecento case”, ha affermato Cortizo prima di consegnare le chiavi ad alcune famiglie.

Il presidente, che concluderà il suo mandato il 1 luglio, ha attribuito ai paesi ricchi la colpa di questa crisi, causata dalle emissioni di gas serra.

“Purtroppo non stanno rispettando gli impegni presi con l’accordo di Parigi”, ha aggiunto.

Il nuovo complesso residenziale è stato costruito su quattordici ettari appartenenti agli indigeni, con un investimento di circa dodici milioni di dollari.

Cartí Sugdupu è una delle 365 isole della regione di Guna Yala, sulla costa caraibica di Panamá. Circa cinquanta di esse sono abitate.