L’11 dicembre l’oppositrice venezuelana María Corina Machado, premio Nobel per la pace, ha rivelato di aver ricevuto il sostegno dell’amministrazione Trump per lasciare il Venezuela e raggiungere Oslo, un viaggio per il quale “alcune persone hanno rischiato la vita”.
“Ho ricevuto il sostegno del governo statunitense per arrivare qui”, ha dichiarato Machado, che dall’agosto scorso viveva in clandestinità nel suo paese, durante una conferenza stampa nella capitale norvegese, dove il 10 novembre si era tenuta, in sua assenza, la cerimonia di consegna del Nobel.
Secondo il Wall Street Journal, Machado aveva indossato una parrucca durante la prima fase della fuga, il pomeriggio dell’8 dicembre, arrivando dalla periferia di Caracas, dove si nascondeva, a un villaggio di pescatori sulla costa.
Il 9 dicembre aveva poi compiuto una pericolosa traversata del mar dei Caraibi, di cui le forze armate statunitensi erano state avvertite, per essere poi accolta sull’isola di Curaçao da uno specialista di operazioni di questo tipo inviato dall’amministrazione Trump. Il 10 dicembre si era poi imbarcata su un volo per Oslo.
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Machado, 58 anni, era stata premiata il 10 ottobre con il Nobel per la pace per il suo impegno “a favore di una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia in Venezuela”.
L’oppositrice venezuelana aveva dedicato il premio al presidente statunitense Donald Trump.
La prima apparizione pubblica di Machado da quasi un anno arriva in piena crisi tra il Venezuela e gli Stati Uniti. A partire da agosto Washington ha rafforzato la sua presenza militare nel mar dei Caraibi, ufficialmente per combattere il narcotraffico. Da allora 87 persone sono morte negli attacchi statunitensi contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nel mar dei Caraibi e nell’oceano Pacifico.
Il presidente venezuelano Nicolás Maduro sostiene invece che il vero obiettivo di Trump sia rovesciarlo per mettere le mani sul petrolio venezuelano.
Apprezzata da molti per il suo impegno a favore della democrazia in Venezuela, Machado è anche criticata da altri per la vicinanza con Trump.
“Penso che ogni paese abbia il diritto di difendersi. Nel caso del Venezuela, però, sono convinta che le azioni del presidente Trump siano state decisive per arrivare dove siamo oggi, cioè a un regime più debole che mai”, ha affermato Machado durante la conferenza stampa.
Il 10 dicembre Trump aveva anche annunciato il sequestro, da parte delle forze armate statunitensi, di una petroliera al largo delle coste del Venezuela. Caracas aveva reagito denunciando un “atto di pirateria internazionale”.
Arrivata a Oslo nella notte tra il 10 e l’11 dicembre, troppo tardi per ricevere il Nobel di persona, Machado ha promesso che farà “tutto il possibile” per tornare nel suo paese, nonostante il rischio di essere arrestata e indipendentemente dalla caduta o meno del regime.
“Sono venuta qui per ricevere il premio a nome del popolo venezuelano e lo riporterò in Venezuela al momento opportuno”, ha dichiarato.
Machado ha anche ringraziato “tutti gli uomini e le donne che hanno rischiato la vita affinché potessi essere qui oggi”.
“Un giorno vi racconterò i dettagli, ma ora non posso farlo perché li metterei in pericolo”, ha aggiunto.
Machado era entrata in clandestinità nell’agosto 2024, pochi giorni dopo le elezioni presidenziali a cui le era stato impedito di candidarsi.
Le elezioni, in cui Maduro aveva ottenuto un nuovo mandato, erano state caratterizzate, secondo l’opposizione e buona parte della comunità internazionale, da gravi irregolarità.
Secondo l’opposizione, il vero vincitore delle elezioni era stato Edmundo González Urrutia, che oggi vive in esilio ed era presente alla cerimonia di consegna del Nobel.
Il 10 dicembre il Nobel per la pace era stato consegnato ad Ana Corina Sosa Machado, figlia dell’oppositrice.
“Per ottenere la democrazia e la libertà dobbiamo essere pronti a batterci”, aveva dichiarato Sosa Machado, leggendo un discorso scritto dalla madre.