30 luglio 2019 15:42

Nino Migliori è nato a Bologna nel 1926. A 22 anni è cominciata la sua carriera di fotografo, che lo ha portato a sperimentare diversi linguaggi e tecniche, con immagini dedicate sia a temi sociali sia a riflessioni più concettuali.

“La sua opera può essere letta come un grande poema”, scrive Corrado Benigni nel saggio introduttivo del catalogo (Silvana Editoriale) realizzato in occasione della mostra Forme del vero, ospitata al monastero di Astino, a Bergamo. “È una riflessione sull’individuo attraverso le sue tracce. I suoi scatti non riproducono la realtà, bensì l’idea di realtà, servendosi semmai della fotografia come materiale espressivo, dalla straordinaria, inarrivabile referenzialità informativa e metaforica”.

Dalla serie Muri e manifesti strappati. (Nino Migliori)

La mostra presenta più di quaranta fotografie tratte dalle serie Gente e Muri e manifesti strappati. La prima, divisa in quattro parti – l’Emilia-Romagna, il nord, il sud e il delta – indaga come si viveva in Italia alla fine della seconda guerra mondiale. “Finita la guerra finalmente mi sentivo libero, potevo entrare in contatto con la gente, c’era libertà di movimento, la sera non c’era il coprifuoco. Mi sembrava di riuscire ad appropriarmi delle persone”, ha raccontato Migliori.

Della serie Muri e manifesti strapparti – a cui ha lavorato dalla fine degli anni quaranta agli anni settanta – Migliori ha detto: “Facevo i muri perché mi interessava l’uomo. L’uomo davanti ai muri si disinibisce, sia che adoperi una moneta, una chiave per graffiare o un pezzo di gesso o una bomboletta spray, libera l’inconscio, la sua gestualità ed è se stesso”.

Notturno dall’Asinelli, 1958, dalla serie Gente d’Emilia. (Nino Migliori)

La mostra a Bergamo durerà fino al 30 settembre.

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