29 novembre 2017 15:05

“Quando Jacovitti sverga le ciripicchie tutte le biscagliette vengono in gnoffa a far zunzù”. Sulle pagine del settimanale cattolico Il Vittorioso, del Corriere dei Piccoli o del supplemento a fumetti del Giorno, Benito Jacovitti fu un incredibile, irrefrenabile quanto gioioso veicolo di anticonformismo, anarchia e follia surrealista che a volte sconfinava quasi nel dadaismo. La frase riportata ne è un buon riassunto, anche se riguarda solo i dialoghi.

Perché ovviamente il primo e principale livello dove si esprimeva la ludica follia di Jacovitti era quello visivo, quello grafico. Ludica follia, è vero, ma non per questo priva di una visione profonda sul destino dell’essere umano. Una visione in realtà pessimista e derisoria su quest’ultimo e sull’insensata società da lui (mal) architettata.

In fin dei conti, l’insensatezza apparente del mondo di Jacovitti non è altro che il riflesso, lo specchio del mondo reale, la sua corretta lettura dietro la distorsione continua delle forme grafiche e delle parole operata dal nonsense. Un aspetto importante in Alice nel paese delle meraviglie ma anche in gran parte della storia del fumetto.

Movimento vorticoso
Tutti questi aspetti e molti altri possono essere approfonditi nell’eccellente mostra intitolata Il teatrino perpetuo inaugurata il 25 novembre durante i tre giorni del festival di BilBolBul, alla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e aperta fino al 6 gennaio. Ottima la scelta delle tavole originali e degli stampati (quando le prime non sono reperibili) e la loro giustapposizione per temi non cronologica (anche se sempre datate).

Emerge ancora meglio l’incredibile forza plastica ed espressiva di Jac, per usare il suo celebre pseudonimo, la capacità di creare un movimento vorticoso all’interno di un’apparente immobilità quasi inamidata e la sensualità del segno al pari della sua incredibile modernità. Modernità che, se è ben evidente ancora oggi, all’epoca lo metteva allo stesso livello (e per certi aspetti quasi lo anticipava) della fucina di talenti e innovazioni della celebre rivista statunitense Mad Magazine, che ha profondamente influenzato il fumetto europeo del secondo dopoguerra.

Jacovitti ha influito più di ogni altro sull’immaginario e sul costume degli italiani di ogni età

La distorsione, figurata ma anche letterale – i suoi personaggi sembrano di gomma –, è strutturale in un mondo dove “il racconto si spezza, fa cadere la solidità della sua finzione e si lascia trapassare da interventi metanarrativi: possono essere le infrazioni dello stesso autore che entra a gamba tesa nella narrazione, o le proteste dei personaggi nei suoi confronti, o l’apparizione di protagonisti di storie diverse che si ritrovano loro malgrado in contesti estranei e vengono ricacciati da dove sono venuti”, per citare l’analisi delle schede di accompagnamento alle tavole esposte.

Fuori da tutte le mode, Jacovitti ha insomma “influito più di ogni altro sull’immaginario e sul costume degli italiani di ogni età”.

Rodolphe Töpffer

In conclusione, Lisca di pesce – come era soprannominato l’autore per l’incongrua onnipresenza nelle sue storie di lische di pesce come pure di salami perennemente sparsi al suolo – non è stato solo il più importante e originale autore umoristico italiano ma anche uno dei più significativi autori del fumetto tout-court e bene ha fatto il festival a dedicargli un elegante e coloratissimo catalogo-saggio, con interventi di studiosi come Goffredo Fofi e Luca Raffaelli ma anche di autori come Paolo Bacilieri o Marco Corona, edito (come già l’anno scorso per l’esposizione dedicata a Chris Ware) da Coconino Press e acquistabile in libreria.

Del resto l’accostamento con Ware, tra i massimi esponenti al mondo del fumetto d’avanguardia e tra i più importanti copertinisti del New Yorker, permette di chiedersi non solo quanta sperimentazione ma anche quanta avanguardia ci sia in Jacovitti.

La sottrazione grafica di Lambé
Il festival di BilBolBul, organizzato fin dalla sua prima edizione dall’associazione Hamelin, anche quest’anno ha presentato tante esposizioni, incontri, conferenze e dibattiti, cercando sempre di mettere insieme, con originalità e intelligenza, l’indagine dell’immagine e la sua relazione con le arti visive, e poi questi elementi con la storia del mezzo d’espressione.

Nella girandola d’incontri e vernissage, certamente la relazione con le arti visive si è espressa al meglio con l’esposizione dedicata al disegnatore belga Eric Lambé, vincitore quest’anno del premio per il miglior libro a fumetti al festival internazionale di Angoulême con il visionario, poetico e delicatissimo Paesaggio dopo la battaglia, un racconto dalla straordinaria profondità sulla solitudine e la fragilità di noi tutti esseri umani. Ora uscito in Italia per Coconino press, è certamente uno dei tre migliori titoli usciti quest’anno insieme a Ghirlanda di Mattotti e Kramsky e al secondo volume dei Quaderni giapponesi di Igort.

Allestita negli ampi spazi della Pinacoteca nazionale, intitolata Apparizioni/sparizioni, la mostra mette ottimamente in risalto l’intenso e rigoroso lavoro di Lambé. Dalle forme spesso ammalianti, i suoi graphic novel sono tra le vette più alte raggiunte dal fumetto al livello mondiale per qualità di risultati nella sperimentazione. Sperimentazioni fondate sulla sottrazione grafica e molto spesso accompagnate, come nel caso di Paesaggio dopo la battaglia, dallo sceneggiatore Philippe De Pierpont. Belga come Lambé, De Pierpont affianca all’attività di sceneggiatore un importante e personale lavoro di regista nel documentario d’autore, di cui il festival ha potuto proporre due interessanti titoli grazie alla consueta collaborazione con la Cineteca di Bologna.

Lambé ha avuto un appassionante incontro all’Accademia di belle arti con un autore italiano per certi aspetti a Lambé molto affine e per altri invece a lui opposto come Davide Reviati insieme al giovane autore americano Conor Stechschulte, di cui a gennaio uscirà I dilettanti (edizioni 001). A lui è stata dedicata l’esposizione Il peso dell’acqua alla galleria Spazio &, che resterà aperta fino al 20 dicembre

Il disegno mentre si sta facendo
Altre due esposizioni erano dedicate a Stefano Ricci e agli esordi di Lorenzo Mattotti (di cui abbiamo parlato con un’intervista all’autore).

Più giù – alla galleria Squadro Stamperia d’Arte fino al 10 dicembre – contiene centocinquanta disegni tratti dai libri di Ricci Mia madre si chiama Loredana e Più giù, che raccoglie (con un dvd, una prefazione di Goffredo Fofi e una postfazione di Giovanna Piazza) i disegni e il testo della pièce ad atto unico scritta da Ricci, un’unione davvero originale tra pittura sequenziale, teatro e musica. Ricci (che ha debuttato nel fumetto proprio con De Pierpont nel 1994 con Tufo) all’affollatissimo vernissage ha offerto una performance doppiamente poetica. Accompagnato da musiche magiche, ispirate, dovute a Giacomo Piermatti al contrabbasso e Vincenzo Core ai live electronics, il suo pennello pittorico-calligrafico ha fatto sorgere, altra magia, una donna dall’acqua.

Stefano Ricci

Una performance che è la ciliegina sulla torta della vera performance, vale a dire le moltissime opere esposte che offrono la possibilità di verificare la ricerca costante di rinnovamento all’interno di un percorso preciso come quello di Ricci.

Il peso dell’acqua, invece, rivela in Stechschulte un nuovo autore sorprendente e dalla notevole versatilità, oscillante tra il bianco e nero e un tono surreale, nell’indagare il mondo contemporaneo, con un approccio grafico e narrativo al limite dell’umoristico ma spezzato da una sorta di calligrafismo espressionista larvatamente horror.

La nuvoletta di Töpffer
Ma tra i tanti incontri e proiezioni, e i vari laboratori per i bambini, non possiamo non concludere segnalando l’attenzione all’opera del ginevrino Rodolphe Töpffer (1799-1846). Amico di Goethe e di diversi altri grandi svizzeri dell’epoca, alla fine del settecento con le sue Histoires en estampes, ancora oggi di grande bellezza e modernità, anche per la profondità nascosta nella comicità, inventa quello che possiamo chiamare non solo fumetto ma in fondo anche romanzo a fumetti, seppure privato di un elemento importante come il balloon, la nuvoletta con i dialoghi, rafforzando il tutto con sorprendenti scritti teorici.

Forse il fumetto d’autore di oggi è ancora più figlio di Töpffer ma ce n’è moltissimo anche in quello del passato. Il suo calligrafismo disegnato lo ritroviamo per certi versi nei Peanuts di Charles Schulz, nel maestro della satira francese Jean-Marc Reiser, oppure in Milton Caniff e nel suo figlio spirituale Hugo Pratt, il quale non a caso parlava di disegno-scrittura.

In realtà c’è moltissimo altro da dire sulla visione topfferiana del fumetto e potrebbe essere appassionante scoprirlo per il lettore comune. Forse per questo BilBolBul, oltre a una conferenza con vari studiosi, tra cui il critico-teorico Thierry Groensteen, principale studioso di Töpffer al livello internazionale, ha avuto il coraggio di chiedere a tre autori del fumetto concettuale di raccontare alla maniera di Töpffer.

Il risultato, pubblicato nell’elegante cataloghino del festival è ottimo, sia nel caso dello svizzero (ma nato in Québec) Nicolas Robel, che esplora la dimensione grafica e tipografica del ginevrino (Töpffer teorizzava anche su questo), sia nel caso di Francesco Cattani di cui è appena uscito per Coconino press Luna del mattino, il romanzo a fumetti più interessante di quest’anno tra la nuova generazione di autori.

Bilbolbul, giunto alla sua undicesima edizione, continua a ricercare e sorprendere, a proporre innovazioni e miglioramenti come il libro-catalogo già citato pieno di testi di valore. Mancano però alcuni appuntamenti importanti come l’esposizione gratuita in piazza Maggiore o la maggiore quantità di autori esposti e riscoperte del passato. Il festival andrebbe invece potenziato.

Nel momento in cui esplode in libreria il mercato del graphic novel e del fumetto d’autore, ed essendo Bologna storicamente la culla di gran parte del miglior fumetto italiano e delle sue migliori sperimentazioni – di cui il festival di BilBolBul è la filiazione storica – forse all’amministrazione cittadina non farebbe male riflettere attentamente su quello che ha per le mani.

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