03 febbraio 2018 14:02

Migos, Narcos
In Italia in questo momento si parla molto di trap e soprattutto si parla di Sfera Ebbasta. Il 19 gennaio il rapper di Cinisello Balsamo ha pubblicato il suo nuovo disco Rockstar, che nelle prime 24 ore dall’uscita ha raccolto più di otto milioni di ascolti sui servizi di streaming. Due brani dell’album sono finiti nella top 100 della classifica mondiale di Spotify, una cosa inedita per un artista italiano. Il suo successo, oltre a stupire, ha provocato anche qualche polemica. Se volete capire un po’ meglio la questione, vi segnalo questo articolo. Non è questa la sede per aggiungere altre parole al dibattito. L’unica cosa che mi sento di scrivere è che, pur non essendo certo un grande fan di Sfera Ebbasta, non capisco tutto il livore che c’è nei suoi confronti.

Ora veniamo a noi. Che c’entrano i Migos con Sfera Ebbasta? C’entrano. Nel brano Cupido, la terza traccia di Rockstar, c’è ospite Quavo, un membro del trio statunitense. I Migos, per chi non lo sapesse, sono un gruppo trap di Lawrenceville, Georgia, formato da Quavo, Takeoff e Offset. Un anno fa Donald Glover, l’attore, produttore e musicista (che pubblica dischi con il nome Childish Gambino) li ha definiti “I Beatles della nostra generazione”, scatenando un dibattito tra fan e detrattori del gruppo per certi versi simile al nostro più provinciale discorso su Sfera.

Glover l’ha sparata grossa, ovviamente, ma non si può negare che i Migos siano il gruppo più importante della trap statunitense contemporanea (infatti se ne sono accorti anche il Coachella e il Primavera sound). E soprattutto che la trap non è più solo il nuovo che avanza (anche perché non è nuova), ma un genere che dal punto di vista commerciale e a volte anche artistico sposta gli equilibri. La musica di Sfera Ebbasta non ha né l’originalità né la sostanza di quella dei Migos, è quasi scontato farlo notare, ma il fatto che si sia parlato così tanto di lui in questi giorni è un segno dei tempi.

Il nuovo album dei Migos, Culture II, non è all’altezza del precedente Culture (soprattutto perché è troppo lungo, 24 pezzi sono un’esagerazione), ma è un signor disco. Dovendo scegliere un solo pezzo, vado per Narcos, in cui i Migos si paragonano al Pablo Escobar della serie tv di Netflix, trappando su una base prodotta dallo stesso Quavo e costruita sul campionamento della canzone haitiana Espoir. Il pezzo, nel quale Quavo canta “Straight out the jungle” con un’inflessione quasi alla Bob Marley, è stato composto in Sudafrica, in un resort circondato dalle scimmie. Forse è per questo che Narcos ha un suono così esotico, meno urbano rispetto agli standard del gruppo statunitense.

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SiR, Something foreign (feat. ScHoolboy Q)
L’afrofuturismo negli anni scorsi è tornato di moda in ambito musicale. Artisti come Outkast, Janelle Monáe e Flying Lotus hanno riportato in vita una parte di questo immaginario, già evocato in passato da Sun Ra, dai Parliament di George Clinton e altri.

Anche SiR, cantante e ingegnere del suono di Inglewood, California, ha portato la sua musica nera a bordo di una navicella spaziale nel disco d’esordio November. A guidarlo in questo viaggio c’è Kay, una voce robotica guidata da un’intelligenza artificiale che prende la parola negli intermezzi tra le canzoni. I brani di November hanno un suono vintage e mescolano soul, rock psichedelico e rnb. SiR canta dei soliti temi cari al mondo dell’rnb contemporaneo: amore, tradimenti, auto lussuose. Ma lo fa con uno stile personale e con arrangiamenti raffinati.

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Achille Lauro, Boss Doms, Quentin40, Thoiry (feat. Gemitaiz)
A proposito di trap, in Italia c’è un musicista che sta portando questo sottogenere dell’hip hop verso nuovi orizzonti: si chiama Achille Lauro ed è nato a Serpentara, alla periferia di Roma, ma adesso vive a Milano. Negli ultimi mesi, dopo aver pubblicato il disco Ragazzi madre, il rapper ha cominciato a pubblicare una serie di singoli che mescolano la trap alla musica latinoamericana.

Lui definisce questo stile “samba trap”. Il nuovo corso è frutto di un viaggio in America Latina insieme a Boss Doms, il suo produttore. Per il terzo volume della serie, il duo ha messo le mani su Thoiry, un pezzo del giovane rapper romano Quentin40, remixandolo insieme a Gemitaiz. Il risultato è ottimo: il pezzo ha un gran tiro ed esalta ancora di più lo stile di Quentin40, che ama troncare le parole.

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Hookworms, Negative space
Gli Hookworms sono una band di Leeds, guidata dal cantante e polistrumentista MJ. Hanno la tendenza a fare tutto da soli: si autoproducono, non hanno un manager e registrano nel loro studio di Kirkstall, alla periferia nord della città del West Yorkshire. Poi a pubblicare i dischi ci pensa la Domino records.

Nel suo terzo album, intitolato Microshift, la band ha sperimentato parecchio con i sintetizzatori modulari. Ha tirato fuori brani pop ballabili e con strutture interessanti, come questa Negative space, che comincia come un pezzo dei Kraftwerk e poi si sposta verso l’indie rock.

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Motta, Ed è quasi come essere felice
La fine dei vent’anni, esordio da solista del toscano Motta, è stato una ventata d’aria fresca per la musica cantautoriale italiana. Con la sua sensibilità pop, con quella voce così forte, quasi autorevole, Francesco Motta ha tirato fuori una raccolta di ottime canzoni, portate poi in giro con un lungo tour in tutto il paese, nel quale si è capito che è un musicista vero, in grado di tenere il palco con forte personalità.

Ora al musicista toscano tocca la sfida più difficile, ripetersi. Il primo pezzo del nuovo corso è promettente: l’idea di fondo è dilatare i suoni del disco precedente (un po’ come succedeva già nel brano Prenditi quello che vuoi) e di tenere la voce al centro del mixaggio. Affidarsi alla produzione di Taketo Gohara (Vinicio Capossela, Brunori Sas e altri) è stata una scelta saggia. Aspettiamo con fiducia il secondo album.

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P.S. Come al solito ho aggiornato la playlist del 2018 su Spotify. Buon ascolto!

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