05 aprile 2016 18:20

Alla fine degli anni settanta Helmut Newton (1920-2004) pubblicò tre libri, gli unici che curò personalmente: White women, Sleepless nights e Big nudes. Ora la Casa dei tre oci di Venezia li presenta al pubblico con una rassegna nata da un’idea della vedova del fotografo tedesco, June Newton.

Nella scelta delle immagini da inserire in questi libri, Newton mise accanto sia le foto realizzate per committenza sia quelle realizzate per se stesso. Nella costruzione della sequenza, tra gesti eleganti e raffinati, Newton esprime al massimo il suo stile e ci racconta delle storie da interpretare.

Il primo libro è White women, pubblicato nel 1976, e composto da 81 foto, in cui introduce per la prima volta il nudo e l’erotismo nella fotografia di moda. Le donne sono il suo soggetto favorito, su cui costruisce immagini ispirate alla storia dell’arte, rielaborando in particolare due opere di Francisco Goya: La maja desnuda e La maja vestida (entrambe del 1800).

Sleepless nights arriva nel 1978 e le protagoniste sono ancora le donne. Stavolta l’approccio è più introspettivo. Newton compie un passaggio in cui comincia a rendere le foto di moda dei ritratti, e i ritratti dei racconti. Nelle 69 fotografie, realizzate non più in studio, Newton vuole provocare appropriandosi di un’estetica bondage e usa definitivamente la fotografia di moda solo come pretesto per compiere un’opera molto più personale.

Nel 1981 Big nudes sancisce il ruolo di protagonista di Newton nella storia dell’immagine del novecento. I 39 scatti, esclusivamente in bianco e nero, sono delle gigantografie che fanno il giro dei musei di tutto il mondo. Stavolta il fotografo torna in studio per produrre delle stampe a grandezza naturale che, come racconta nella sua autobiografia, gli sono state ispirate dai manifesti usati dalla polizia tedesca per ricercare i terroristi della Raf.

La mostra di Venezia è curata da Matthias Harder e Denis Curti, in collaborazione con la fondazione Helmut Newton, e sarà aperta dal 7 aprile al 7 agosto 2016.

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